Il
massimalismo dei mezzi è connesso al massimalismo dei fini, come era stato
compreso da Dostoevskij. Si tratta di una specie di autodivinizzazione, che
porta all’amoralismo e al nichilismo, come hanno mostrato tanti episodi della
rivoluzione (del 1905).
S. Bulgakov, L’eroe laico e l’asceta
Col massimalismo dei fini è connesso il massimalismo dei mezzi, cosí tristemente manifestatosi negli ultimi anni. In questa scarsa scrupolosità nella scelta dei mezzi, in questo eroico “tutto è permesso” (predetto da Dostoevskij in “Delitto e castigo” e nei “Demoni”) si manifesta nel grado piú alto la natura umano-divina dell’eroismo intellettualoide, la sua insita autodivinizzazione, il suo porsi al posto di Dio, al posto della Provvidenza, non solo negli scopi e nei piani ma anche nelle vie e nei mezzi di realizzazione. Io realizzo la mia idea e per essa mi libero dai legami della morale usuale, io mi permetto d’esercitare il mio diritto non solo sulla proprietà ma anche sulla vita e la morte degli altri, se ciò è necessario per la mia idea. In ogni massimalista si nasconde un piccolo Napoleone, socialista o anarchico. L’amoralismo, o secondo l’antica espressione il nihilismo, è la necessaria conseguenza dell’autodivinizzazione; qui sta in agguato il pericolo dell’autodistruzione, lo attende il fallimento inevitabile. Le amare delusioni da molti provate durante la rivoluzione, le scene indimenticabili di arbitrio, le espropriazioni, il terrore in massa, non s’è manifestato a caso, ma è stato invece uno scoprirsi delle potenze spirituali che necessariamente si calano nella psicologia dell’autodivinizzazione.
La svolta. Vechi, L’intelligencija russa tra il 1905 e il 1917, Jaka Book,
Milano, 1970, pagg. 47-48