Burke, Non è cosí che si fanno le riforme

Siamo agli inizi della Rivoluzione francese. L’Assemblea Costituente nell’arco di pochi giorni ha distrutto le principali strutture sociali dell’Ancien Régime. Dall’altra parte della Manica Edmund Burke osserva e giudica negativamente la smania dei Francesi di abolire e distruggere tutto ciò che era stato realizzato nel passato senza pensare alle conseguenze.

 

E. Burke, Riflessioni sulla Rivoluzione francese

 

È questa incapacità ad affrontare la lotta contro le difficoltà che ha obbligato l’arbitraria Assemblea di Francia ad iniziare i propri piani di riforma con una abolizione radicale di tutto. Ma è forse in un’opera di distruzione e di sovvertimento che si manifesta la sapienza? Il vostro popolaccio potrebbe fare ciò altrettanto bene quanto la vostra Assemblea. L’intelletto piú ottuso e la mente piú rozza sono piú che sufficienti a conseguire questo scopo. [...] Invece sapere al tempo stesso preservare le forme esistenti innovandole in ciò che è necessario costituisce impresa ben diversa. Quando gli elementi utili di una vecchia organizzazione sono mantenuti e le parti aggiunte si adattano alle persistenze antiche, si rende necessario l’esercizio di un’intelligenza vigorosa, di un’attenzione salda e perseverante, di una vigile capacità di raffronto e di combinazione, di risorse perspicaci nella scelta degli espedienti migliori; e tutto ciò deve essere esercitato nel continuo conflitto con le molteplici insidie dei vizi opposti, vincendo la ostinazione che respinge ogni impulso innovatore e quello spirito di leggerezza che facilmente si stanca e si disgusta di tutto ciò che costituisce un determinato stato di possesso.

Voi potrete obbiettare: “Un procedimento di tal genere è lento; non si adatta all’azione di una Assemblea che si gloria di compiere nel giro di pochi mesi l’opera dei secoli. Un procedimento di riforma come quello che ci suggerite dovrebbe richiedere l’impiego di vari anni”. Ma senza dubbio cosí dovrebbe essere. Uno dei grandi vantaggi del metodo, secondo il quale la durata del tempo si annovera tra i coefficienti della riforma, è appunto la lentezza del suo operato; operato che in certi casi si svolge con una progressione quasi impercettibile. Se la circospezione e la prudenza fanno parte della saggezza necessaria allorquando si lavora sopra materie inanimate, certamente esse costituiscono un piú forte dovere allorquando l’oggetto dei nostri provvedimenti distruttivi o ricostruttori non è piú offerto da materiali inerti ma è costituito da esseri animati, i quali subendo un’alterazione improvvisa nella propria condizione di vita e di costume sono suscettibili di cadere in massa nella rovina.

Ma a giudicare dalle opinioni che oggi prevalgono in Parigi si direbbe che le sole qualità richieste per un legislatore perfetto siano insensibilità di cuore e precipitata confidenza nelle proprie azioni. Ben diverse sono le mie opinioni intorno a quest’alto ufficio. Il vero legislatore deve avere un cuore pieno di sensibilità; deve amare e rispettare i propri sudditi e deve aver timore di se stesso. Al suo temperamento dev’essere consentito di abbracciare l’oggetto della propria azione con un colpo d’occhio intuitivo; ma agire poi con deliberata circospezione. Ogni sistemazione politica ha una finalità sociale e deve essere attuata soltanto con mezzi che siano adatti alla società. In questo caso la energia deve cooperare con la saggezza. E si richiede un certo lasso di tempo per effettuare questa armonia di contrari che è condizione unica necessaria al raggiungimento del bene verso il quale noi tendiamo. Otterremo piú con la pazienza che con la forza. Se mi è lecito fare appello a ciò che ora a Parigi sembra essere completamente caduto in disuso, vale a dire all’esperienza, vi dirò che nel corso della mia vita ho conosciuto parecchi uomini grandi, e proporzionalmente alle mie forze ho collaborato con loro; e non ho ancora visto attuare alcun piano di riforma il quale non sia stato sottoposto alle osservazioni di coloro che erano molto inferiori (quanto a capacità di intendimenti) alle persone stesse che intraprendevano l’esecuzione del progetto. Con una progressione lenta ma continua venivano controllati gli effetti di ogni nuovo piano compiuto; e secondo che il primo dava un esito buono o cattivo, si procedeva al secondo; per tal modo, seguendo un ordine illuminato e razionale, tutta la serie progressiva è stata condotta al sicuro fine. Noi ci preoccupiamo che i singoli elementi di un sistema non si urtino tra loro. Man mano che si palesano dei mali insiti nella attuazione del progetto meglio promettente, si provvede ad eliminarli. Si cerca di sacrificare quanto meno possibile un vantaggio a un altro vantaggio. Siamo soliti fare opera di conciliazione, di compensazione, di contemperamento. Siamo capaci di unificare in una coesistenza unitaria le diverse anomalie e i contrastanti principi che si manifestano nella coscienza degli uomini e nelle loro attività. Sorge da tutte queste circostanze, non già un capolavoro di semplicismo, ma un lavoro di complessità; il che vale assai meglio. [ ... ]

Procedere in questo modo, vale a dire procedere secondo principi direttivi animati da feconda energia, significa secondo me seguire un criterio di profonda saggezza. Al contrario ciò che i vostri politicanti credono sia la caratteristica di una ardita e baldanzosa genialità è soltanto prova di deplorevole mancanza di capacità. La loro precipitazione violenta e il misconoscimento di ogni processo naturale fanno sí che essi cadano ciecamente in balía di tutti gli avventurieri, di tutti i facitori di progetti, di tutti i ciarlatani empirici.

 

F. Tonon, Auguste Comte e il problema storico-politico nel pensiero contemporaneo, G. D’Anna, Messina-Firenze, 1975, pagg. 54-56