E. BLOCH, CRITICA A SAN PAOLO

Gesù stesso non apparve affatto così intimo e così volto all'al di là, come lo vuole, a partire da Paolo, un'interpretazione mistificante sempre comoda alla classe dominante. [...] Gesù Cristo non ha mai detto «il regno di Dio è interiore in voi»; la frase ricca di conseguenze (Lc 17, 21) suona piuttosto testualmente «il regno di Dio è in mezzo a voi»; essa era detta ai farisei, non ai discepoli. Essa significa: il regno vive già fra voi farisei come comunità eletta in questi discepoli; il significato è quindi sociale e non interiormente invisibile. Gesù non ha mai detto «il mio regno non è di questo mondo»; questo passo è interpolato da Giovanni (Gv 18, 36) ed esso doveva servire ai cristiani dinanzi a un tribunale romano. Gesù stesso non ha tentato di darsi un alibi davanti a Pilato con un vile pathos dell'al di là. [...] «Questo mondo» è sinonimo di quello ora sussistente, dell'eone presente, al contrario «quel mondo» dell'eone futuro (così Mt 12, 32; 24, 3). [...] «Quel mondo» è la terra utopica, con il cielo utopico sovra di essa; in coincidenza con Isaia 65, 17: «Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; e le cose di prima non saranno più rammemorate e non verranno più alla mente». Ciò a cui si aspira non è un al di là dopo la morte, dove gli angeli cantano, ma il regno dell'amore terrestre e sovraterrestre di cui la comunità primitiva doveva costituire già un'enclave. Solo dopo la catastrofe della croce il regno di quel mondo venne interpretato come al di là, soprattutto dopo che i Pilato, anzi i Nerone stessi erano diventati cristiani; infatti per la classe dominante tutto consisteva nell'allentare nel modo più spirituale possibile il regno dell'amore.

 

(E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1959, p. 580s)