Per sovranità s'intende quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato.
(...) Ho detto che tale potere è perpetuo. Può succedere infatti che ad una o più persone venga conferito il potere assoluto per un periodo determinato, scaduto il quale essi ridivengono nient'altro che sudditi; ora, durante il periodo in cui tengono il potere, non si può dar loro nome di principi sovrani, perché di tale potere essi non sono in realtà che custodi e depositari fino a che al popolo o al principe, che in effetti è sempre rimasto signore, non piaccia di revocarlo. Così come rimangono signori e possessori dei loro beni quelli che ne fanno prestito ad altri, ugualmente si può dire di chi conferisce ad altri potere ed autorità in materia di giustizia o di comando; sia che li concedano per un tempo stabilito e limitato, sia fino a che loro piaccia, in ogni caso restano signori del potere e della giurisdizione che gli altri esercitano solo in forma di prestito e di precario. Perciò la legge dice che il governatore del paese o luogotenente del principe, dopo che è spirato il tempo assegnatogli, restituisce il suo potere, da depositario e guardiano qual è del potere altrui. E in questo non c'è alcuna differenza fra l'ufficiale di alto o di infimo grado. Se il potere assoluto concesso al luogotenente del principe si chiamasse sovranità, egli potrebbe valersene contro il suo principe, che sarebbe ridotto a uno zero, e così il suddito comanderebbe al signore, il servo al padrone, il che è assurdo. Per disposizione della legge, la persona del sovrano è sempre esente dall'autorità e da quel potere, qualunque sia, che conferisce ad altri; non ne concede mai tanto da non serbarne per sé ben di più, e non perde mai il diritto di comandare o di giudicare (preventivamente, o in concorrenza, o in riesame), le cause di cui ha incaricato il suo suddito come commissario o ufficiale; e sempre può revocare a questo il potere che gli è stato concesso sia in forma di commissione sia a titolo d'ufficio, oppure sospenderlo per tutto il tempo che creda.
(...) Sia dunque che si eserciti il potere per commissione, o per nomina, o per delega, ma sempre in nome altrui, per un tempo stabilito o senza limiti di tempo, non si è sovrani, anche se nelle lettere manchi la qualifica di procuratore o luogotenente, governatore o reggente; e nemmeno se tale potere fosse dato dalla stessa legge del paese, cosa che avrebbe più valore che non un'elezione; per esempio l'antica legge scozzese prevedeva la concessione dell'intero governo del regno al parente più prossimo del re nel caso che questo fosse pupillo o in minore età, purché però ogni atto venisse compiuto in nome del re; ma poi questa legge fu abolita per gli inconvenienti che ne derivavano. Adesso dedichiamoci all'altra parte della nostra definizione, e spieghiamo le parole "potere assoluto". Il popolo o i signori di uno Stato possono conferire a qualcuno il potere sovrano puramente e semplicemente, per disporre a suo arbitrio dei beni, delle persone e di tutto lo Stato, e lasciarlo poi a chi vorrà, così come un proprietario può far dono dei suoi beni puramente e semplicemente, non per altre ragioni che per la sua liberalità. E' questa l'autentica donazione che, essendo una volta per tutte perfetta e completa, non ammette ulteriori condizioni; mentre quelle donazioni che comportano obblighi e condizioni non sono donazioni vere e proprie. Perciò la sovranità conferita a un principe con certi obblighi e a certe condizioni non è propriamente sovranità né potere assoluto, a meno che tali condizioni non siano le leggi di Dio e della natura.
(Bodin, “Dello Stato”, I, cap. 8)