Nel
chiudere questa visione d'insieme della bellezza sorge naturale l'idea di
paragonarla col sublime, e in questo paragone appare notevole il contrasto. Gli
oggetti sublimi sono infatti vasti nelle loro dimensioni, e quelli belli al
confronto sono piccoli; se la bellezza deve essere liscia e levigata, la
grandiosità è ruvida e trascurata; la bellezza deve evitare la linea retta, ma
deviare da essa insensibilmente; la grandiosità in molti casi ama la linea
retta, e quando se ne allontana compie spesso una forte deviazione; la bellezza
non deve essere oscura, la grandiosità deve essere tetra e tenebrosa; la
bellezza deve essere leggera e delicata, la grandiosità solida e perfino
massiccia. Il bello e il sublime sono davvero idee di natura diversa, essendo
l'uno fondato sul dolore e l'altro sul piacere, e per quanto possano scostarsi
in seguito dalla diretta natura delle loro cause, pure queste cause sono sempre
distinte fra loro, distinzioni che non deve mai dimenticare chi si proponga di
suscitare passioni.
(E. Burke, Inchiesta sul Bello e il Sublime, a cura di G. Sertoli e G. Miglietta, Aesthetica, Palermo, 1987, p. 139)