Callicle, Physis e nòmos

Ancora sul dibattuto rapporto phýsis-nómos. Nel dialogo Gorgia, Platone presenta le tesi del sofista Callicle, che afferma le leggi essere fatte dai deboli per la tutela dei deboli, l’obiettivo massimo dei quali è l’uguaglianza; mentre il criterio usato dalla natura è del tutto diverso: “esser giusto che il migliore prevalga sul peggiore, il piú capace [...] sul meno capace, che il piú forte comandi e prevalga sul piú debole”.

 

Platone, Gorgia, 482 e - 484 a)

 

1      Sí, Socrate, tu, veramente, sostenendo di correre dietro alla verità, spingi il discorso a codeste affermazioni rozze e proprie da oratore popolare, che belle non sono certo per natura, ma per legge. In molti casi, anzi, natura e legge sono in pieno contrasto tra loro. Chi, dunque, abbia pudore e non osi dire quello che pensa, è costretto a contraddirsi. Ebbene, tu, scoperto questo trucco, disonestamente lo usi nel corso della discussione: se uno intende dire “secondo la legge”, tu incalzi con una domanda insinuando “secondo natura”, e se, invece, l’altro intende dire “secondo natura”, tu intendi “secondo legge”. Cosí hai fatto ora, discutendo sulla questione: “commettere ingiustizia e patire ingiustizia”. Polo, dicendo che piú brutto è commettere che subire ingiustizia, intendeva secondo la legge, tu, invece, proseguivi il discorso come se Polo avesse inteso dire “secondo natura”. Sí, perché in natura tutto quel che è piú brutto è, ad un tempo, piú malvagio, ossia il subire ingiustizia; per legge, invece, commetterla. Né da vero uomo, ma da servo, è subire ingiustizia senza esser capaci di ricambiare, e meglio è morire che vivere se, maltrattati ed offesi, non si è capaci di aiutare se stessi e chi ci stia a cuore. Secondo me la questione è tutta qui: quelli che fanno le leggi sono i deboli, i piú; essi, evidentemente, istituiscono le leggi a proprio favore e per propria utilità, e lodi e biasimi dispensano entro questi termini. Spaventando i piú forti, quelli che avrebbero la capacità di prevalere, per impedire, appunto, che prevalgano, dicono che cosa brutta e ingiusta è voler essere superiori agli altri e che commettere ingiustizia consiste proprio in questo, nel tentativo di prevalere sugli altri. Essi, i piú deboli, credo bene che si accontentano dell’uguaglianza!

2      Ecco perché la legge dice ingiusto e brutto il tentativo di voler prevalere sui molti, ecco perché lo chiamano commettere ingiustizia. Io sono invece convinto che la stessa natura chiaramente rivela esser giusto che il migliore prevalga sul peggiore, il piú capace sul meno capace. Che davvero sia cosí, che tale sia il criterio del giusto, che il piú forte comandi e prevalga sul piú debole, ovunque la natura lo mostra, tra gli animali e tra gli uomini, nei complessi cittadini e nelle famiglie. Con quale diritto Serse mosse guerra alla Grecia, o suo padre mosse guerra agli Sciti? Infiniti altri esempi si potrebbero portare! Tutta questa gente, io penso, cosí agisce secondo la natura del giusto, e sí, in nome di Zeus, per legge, ma secondo la legge di natura, non per quest’altra legge, per la legge che noi istituiamo! Accalappiandoli fin da bambini, mediante tale legge, plasmiamo i migliori, i piú forti di noi, e, impastoiandoli e incantandoli come leoni, li asserviamo, dicendo loro che bisogna essere uguali agli altri e che in tale uguaglianza consiste il bello e il giusto. Ma, io credo, qualora nascesse un uomo che avesse adeguata natura, scossi via da sé, spezzati tutti questi legami, liberatosi da essi, calpestando i nostri scritti, i nostri incantesimi, i nostri prestigi, le nostre leggi, tutte contro natura, emergendo, da nostro schiavo, lo vedremmo nostro padrone, e qui, allora, di luce limpidissima il diritto di natura splenderebbe.

 

(Platone, Opere, vol. I, Laterza, Bari, 1967, pagg. 1186-1187)