Il rinnovamento delle scienze
naturali impone di abbandonare la fisica aristotelica. Le scoperte geografiche
e quelle astronomiche e l’apparire di nuove dottrine impongono un rinnovamento
anche della teologia.
T. Campanella, Praefatium
ai Theologicorum libri 30
La seconda causa di questo lavoro
è la scoperta di terre ignote e di popoli del nuovo mondo, la cui origine è
ignorata da noi; e parimenti le nuove ragioni trattate dopo Copernico sul cielo
nuovo e su nuove stelle e sistemi grandi e sulla costruzione del mondo... I
nostri teologi, poco familiari con queste discipline, perché non fanno che
leggere e trascrivere, e attendendovi poco, presentano lacune nella sacra
dottrina e parlano rozzamente di molte cose, facendolo con la derisione dei
filosofi che guardano all’esperienza. Pertanto è nostro proposito enucleare
dalle suddette osservazioni le verità sante e servirci di queste ancelle per il
decoro grande della teologia loro signora, e non porre tra loro inesistenti
ostilità, ma sottomettere le scienze sul mondo alla teologia e i filosofi alla
Prima Sapienza, la quale, incarnandosi, ci ha consegnata la retta teologia.
La terza causa è l’invenzione di
cose nuove e la riforma delle scienze, giacché troviamo che le scienze naturali
vanno trattate molto diversamente da quel che furono tramandate da
Aristotele... La quarta causa è che non mi son consacrato ad una sola
disciplina, ma a tutte e tutte ho finalmente riformate secondo la propria
meditazione e le illuminazioni della Sacra Bibbia, come la
Logica, la Retorica, la Poetica, la Storiografia, la Filosofia della natura,
l’Etica, la Politica, la Medicina, l’Astrologia, l’Astronomia, la Magia, la
Metafisica, essendomi preparato prima in tutta la storia divina ed umana di
tutte le genti e nella storia naturale di tutto il mondo, storicamente e
cosmograficamente. Pertanto ho considerato i fondamenti sperimentali delle
scienze, e non mi sono occupato delle dottrina di una sola setta, bensí di
quelle di tutti i filosofi antichi e moderni...
La quinta causa è lo zelo
terrestre degli scolastici moderni, con cui son cosí legati al Dottore della
propria famiglia da giudicare come sciocchezze o sofismi le dottrine contrarie
o quel che non trovano in un suo libro. Di qui gli scotisti, menando vanto
delle proprie sottigliezze, affermano che son rozzi gl’ingegni e le dottrine
dei tomisti. Questi al contrario, quasi certissimi di possedere la realtà,
giudicano eresia o almeno sofisma tutto ciò che non leggono in S. Tommaso. Alcuni
sono egidiani, altri molinisti, altri non credono che ai propri spagnoli o
francesi...
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol.
IX, pagg. 2034-2035