Il sistema d’insegnamento nella
Città del Sole è molto originale: si usano i muri della città come libri
pubblici, su cui gli studenti imparano spontaneamente. Questo metodo è stato
recuperato oggi con i murales e con l’uso dei cartelloni pubblicitari.
T. Campanella, La città del
Sole
Nelle mura del tempio esteriori e
nelle cortine, che si calano quando si predica per non perdersi la voce, vi sta
ogni stella ordinatamente con tre versi per una.
Nel dentro del primo girone tutte
le figure matematiche, piú che ne scrisse Euclide e Archimede, con la lor
proposizione significante. Nel di fuore vi è la carta della terra tutta, e poi
le tavole d’ogni provinzia con li riti e costumi e leggi loro, e con l’alfabeti
ordinati sopra il loro alfabeto.
Nel dentro del secondo girone vi
son tutte le pietre preziose e non preziose, e minerali, e metalli veri e
pinti, con le dichiarazioni di due versi per uno. Nel di fuore vi son tutte
sorti di laghi, mari e fiumi, vini e ogli e altri liquori, e loro virtú e
origini e qualità; e ci son le caraffe piene di diversi liquori di cento e
trecento anni, con li quali sanano tutte l’infirmità quasi.
Nel dentro del terzo vi son tutte
le sorti di erbe e arbori del mondo pinte, e pur in teste di terra sopra il
rivellino, e le dichiarazioni dove prima si ritrovârno, e le virtú loro, e le
simiglianze c’hanno con le stelle e con li metalli e con le membra umane, e
l’uso loro in medicina. Nel di fuora tutte maniere di pesci di fiumi, lachi e
mari, e le virtú loro, e ’l modo di vivere, di generarsi e allevarsi, e a che
serveno, e le somiglianze c’hanno con le cose celesti e terrestri e dell’arte e
della natura; sí che mi stupii, quando trovai pesce vescovo e catena e chiodo e
stella, appunto come son queste cose tra noi. Ci sono ancini, rizzi, spondoli e
tutto quanto è degno di sapere con mirabil arte di pittura e di scrittura che
dichiara.
Nel quarto, dentro vi son tutte
sorti di uccelli pinti e lor qualità, grandezze e costumi, e la fenice è
verissima appresso loro. Nel di fuora stanno tutte sorti di animali reptili,
serpi, draghi, vermini, e l’insetti, mosche, tafani ecc., con le loro
condizioni, veneni e vertuti; e son piú che non pensamo.
Nel quinto, dentro vi son
l’animali perfetti terrestri di tante sorti che è stupore. Non sappiamo noi la
millesima parte, e però, sendo grandi di corpo, l’han pinti ancora nel di fuori
rivellino; e quante maniere di cavalli solamente! oh, belle figure dichiarate
dottamente!
Nel sesto, dentro vi sono tutte
l’arti meccaniche, e l’inventori loro, e li diversi modi, come s’usano in
diverse regioni del mondo. Nel di fuori vi son tutti l’inventori delle leggi e
delle scienze e dell’armi. Trovai Moisè, Osiri, Giove, Mercurio, Macometto e
altri assai; e in luoco assai onorato era Giesú Cristo e li dodici apostoli,
che ne tengono gran conto, Cesare, Alessandro, Pirro e tutti li Romani; onde io
ammirato come sapeano quelle istorie, mi mostrâro che essi teneano di tutte
nazioni lingua, e che mandavano apposta per il mondo ambasciatori, e
s’informavano del bene e del male di tutti; e godeno assai in questo. Viddi che
nella China le bombarde e le stampe fûro prima ch’a noi.
[...]
Prima è da sapere che gli uomini
e le donne vestono d’un modo atto a guerreggiare, benché le donne hanno la
sopravesta fin sotto al ginocchio e l’uomini sopra, e s’allevan tutti in tutte
l’arti. Dopo li tre anni li fanciulli imparano la lingua e l’alfabeto nelle
mura, caminando in quattro schiere; e quattro vecchi li guidano e insegnano, e
poi li fan giocare e correre, per rinforzarli, e sempre scalzi e scapigli, fin
alli sette anni, e li conducono nell’officine dell’arti, cositori, pittori,
orefici ecc.; e mirano l’inclinazione. Dopo li sette anni vanno alle lezioni
delle scienze naturali, tutti; ché son quattro lettori della medesima lezioni,
e in quattro ore tutte quattro squadre si spediscono; perché, mentre gli altri
si esercitano il corpo, o fan li publici servizi, gli altri stanno alla
lezione. Poi alli dieci tutti si mettono alle matematiche, medicine e altre
scienze, e ci è continua disputa tra loro e concorrenza; e quelli poi diventano
offiziali di quella scienza, dove miglior profitto fanno, o di quell’arte
meccanica, perché ognuna ha il suo capo. E in campagna, nei lavori e nella
postura delle bestie pur vanno ad imparare; e quello è tenuto di piú gran
nobiltà, che piú arti impara, e meglio le fa. Onde si ridono di noi che gli
artefici appellamo ignobili, e diciamo nobili quelli, che null’arte imparano e
stanno oziosi e tengono in ozio e lasciva tanti servitori con roina della
republica.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. X,
pagg. 756-757 e 759