Con parole
semplici Carnap distingue le caratteristiche di “ciò che è logico” e di “ciò
che non è logico”, e che egli indica anche come “sintetico” o “empirico”.
R. Carnap, Introduzione alla logica
simbolica
La parola “logico” nell’uso ordinario dei filosofi è molto vago e ambiguo. Non vogliamo tentare di darne qui una definizione generale ed esatta. Contribuirà tuttavia alla chiarezza fornire almeno alcuni casi (in un linguaggio non-tecnico, senza pretesa di esattezza), in cui vogliamo impiegare il termine “logico”. Tali modi d’impiego sembrano concordare sufficientemente con l’ordinario uso del linguaggio (una perfetta concordanza non si può naturalmente pretendere nella confusa situazione propria dell’uso ordinario). Quando un procedimento si basa soltanto sulla prima tappa, ossia sull’analisi del senso, senza esigere la seconda tappa, ossia le osservazioni sui fatti, lo indicheremo come logico; se invece esige anche la seconda tappa, lo chiamiamo non-logico, sintetico, empirico. L’analisi del senso la indichiamo pertanto anche come “analisi logica”. E cosí chiamiamo tutti i concetti, che si possono stabilire sulla base della prima tappa soltanto, concetti logici; quelli invece che si basano su osservazioni, li chiamiamo non-logici (descrittivi, fattuali). Inoltre chiamiamo logico un risultato o un asserto, se è basato soltanto sull’analisi del senso; e con lo stesso nome chiamiamo una questione la cui risposta si ottiene mediante l’analisi del senso.
R. Carnap, La filosofia della scienza, La Scuola, Brescia, 1964, pag. 138