Secondo
Carlo Cattaneo i filosofi continuano ancora a confrontarsi con gli eleati, con
Platone e cosí via, non rendendosi conto che la scienza ha trasformato i
problemi filosofici e ha fatto progredire la filosofia.
C. Cattaneo, Scritti filosofici
Quanti che la filosofia persevera a considerar come problemi, perché al tempo di Parmenide o di Platone erano problemi; ed ora nol sono piú! Quante astruse questioni, quante fantastiche ipotesi, quante asserzioni estranee e contrarie alla natura dell'uomo e dell'universo, non empiono ancora di loro una tradizione, non dico le scôle, le scôle condannate sempre a ignorare il genio dei tempi, ma i libri piú dotti; ed anche i piú arditi!
Io non sono come alcuno, al cospetto di tutta la scienza moderna osi parlare ancora dei fenomeni con quel disprezzo, col quale, potenti d'ingegno e poveri di sapere, ne vaneggiarono li Eleati e li Alessandrini. Io non so come si possa assimilare ancora ad un caos questo universo commensurato in ogni sua parte dalla velocità della luce; l'azione della quale si trasforma e si rappresenta con leggi numeriche inalterabili nel calorico, nell'elettrico, nel magnetico, e in tutte le altre forze del moto e della vita.
Poterono li antichi sprezzare i fenomeni, e opporli all'idea, perché i fenomeni non erano ancora ordinati e interpretati in idea. Né vi era l'arte, né si era ancor pensato potervi esser l'arte, di ordinarli e interpretarli. Chi vedeva la fiamma salire, e il sasso cadere, e il corso della marea affrontare il corso de' fiumi, e trasporsi con ineguale velocità i pianeti, poteva imaginare una cieca pugna tra la natura inerte del sasso e l'amor della fiamma per le alte sfere, e i liberi voleri dei genii che erravano colle acque e colli astri. Ma per noi, queste sono tutte manifestazioni concordi d'una unica forza di gravità; sono ciò che debbono essere; né possiamo concepire che siano altrimenti. Mirando tali fenomeni in terra e in cielo, noi non proviamo piú quella vertigine che costringeva i savi antichi a ritrar li occhi dalle cose del mondo per acquietarli nelle tenebre dell'ontologia.
Or se vi è splendida verità che le scienze abbiano ai dí nostri conquistato alla filosofia, si è quella che ogni fenomeno è parte d'una legge. La legge è la costanza dei fenomeni, la legge, intuita dalla ragione, è l'idea.
[...]
La filosofia è lo studio del pensiero; sommo sforzo del pensiero è la scienza. Vuolsi dunque osservare il pensiero soprattutto nelle scienze, e con piú intenso scrutinio in quelle che provano la rettitudine e l'efficacia dei loro procedimenti con la sicurezza appunto e con l'assiduità delle scoperte. Si possono attingere egregi esempi d'analisi nella chimica e nell'economia, di sintesi nella geologia, di classificazione nella botanica e nella zoologia, di deduzione nella geometria, d'induzione nella fisica, d'analogia nella medicina, d'applicazione nella meccanica e nell'agricultura, d'osservazione e quasi di sensazione ridutta ad arte nella meteorologia. In questi grandi pensamenti, in cui l'intelletto palesa a sé ogni piú alto suo potere, la filosofia può trovare piú sicuro lume intorno alla natura del pensiero, che non fra li indistinti e oscuri fenomeni dei primordi della vita.
Grande Antologia filosofica, Marzorati, Milano, 1975, vol. XXIII, pagg.
749-750, 754