Secondo
Antoine Gombaud, cavaliere di Méré (1607-1684), l'onestà intellettuale,
l'apertura mentale verso ciò che è diverso e verso ciò che è nuovo,
l'autocontrollo, il giudizio distaccato sulle mode del tempo, l'impegno ad evitare
le stravaganze sono alcune caratteristiche dell'honnête homme.
Cavaliere di
Méré, De l'Esprit
[...] Non
comprendo niente sotto il cielo al di sopra dell'honnêteté; è la
quintessenza di tutte le virtú. E coloro che non la posseggono sono male accolti
dalle persone di buon gusto, e anche quando parlano delle cose del mondo, lo
fanno per solito con tanta mala grazia, che non si possono sopportare. Questa
scienza è propriamente quella dell'uomo, perché consiste nel vivere e nel
comunicare in maniera umana e ragionevole. Chi l'avesse per indole naturale,
quale si può acquistare senza studio, quando pur non sapesse altro, non sarebbe
ignorante. Credo, tuttavia, che per eccellere in quella scienza, l'intelligenza
non sia mai troppa, e che tutto ciò che s'apprende di raro e di gentile vi
contribuisca. Ma c'è uno studio particolare che riguarda il mondo, e vedo che i
migliori spiriti e i piú dotti, a meno di non averlo osservato, non vi
procedono senza passi falsi.
Bisogna
dunque istruirsi piú che si può nelle cose della vita, e ciò non è affatto
quello che si chiama morale o politica, almeno nel senso
precettistico, giacché ho visto delle persone che sapevano tutto ciò che se ne
insegna e che erano di cattiva compagnia, perché non sapevano vivere; e ne
conosco delle altre, che hanno imparato solo il sapere del mondo e che sono
ricevute piacevolmente da per tutto. Quel vantaggio risulta dal praticare con
garbo le maniere che sono preferite nel commercio della vita, e io noto in ciò
un genio rarissimo e molto desiderabile, che viene dal gusto e dal sentimento,
non meno che dallo spirito e dall'intelligenza. Quel genio penetra gli
avvenimenti piú segreti, scopre con discernimento giusto e sottile ciò che
pensano le persone con cui si conversa, e sono persuaso che non si possa essere
honnête-homme, né di piacevole conversazione, senza quell'abilità di
saper indovinare in molte circostanze.
[...] I piú
son persuasi che per essere honnête-homme sia sufficiente frequentare la
corte, purché non ci se ne allontani, a causa dei cambiamenti di scena e
d'attori, e dato che le mode non vi durano a lungo. Se ciò bastasse, come
sarebbe facile imparare una cosí bella scienza e come la si otterrebbe a buon
mercato!
[...] Per
distinguere la vera honnêteté da quella falsa, ci si deve assicurare che
non abbia niente di men che reale, niente che non sia giusto e ragionevole in
tutte le parti del mondo; giacché essa è universale, e le sue maniere
appartengono a tutte le corti da un capo all'altro della Terra, sebbene non
appartenga alle corti piú che ai deserti. Il cangiamento dei luoghi, la
rivoluzione del tempo, la differenza dei costumi, non le tolgono quasi nulla. È
come del buon oro, che vale sempre il suo prezzo; e le mode sono, riguardo all'honnêteté,
quel che il conio dei sovrani è per l'oro, poca cosa intendo. Essa non dipende
che dal cuore e dallo spirito; il suo principale fondamento è nel cuore e lo
spirito le conferisce la piacevolezza. [...]
Parimenti le
signore piú esperte dicono talvolta a se stesse: “Ciò non mi dispiacerebbe, se
non ci si trovasse niente da ridire”. Tuttavia, siccome le istituzioni di chi
ci ha preceduti ci governano nostro malgrado, bisogna osservare ciò che è
approvato nelle corti e nei paesi in cui dobbiamo trascorrere la vita, e non
offendere la reverenza pubblica; ma per non essere di cattivo gusto, bisogna
guardarci bene dall'amare in cuor nostro delle cose che la ragione non ammette,
se non perché il mondo ci si è abituato.
Molte azioni
stravaganti sembrano di gran gusto soprattutto a coloro che non ci trovano
altro interesse che per lo spettacolo, e quando si trascurasse ciò che si ha
piú caro, sarebbe insensatezza il voler piacere in tal guisa, a meno di non
potersene esimere. Giacché nulla è piú disdicevole d'essere pazzo. Io noto una
certa obbligazione di paese e di costume che piace solo alle persone comuni;
sono delle false convenienze che dobbiamo respingere, perché oltre a toglierci
il sentimento di quelle vere, spegnerebbero in noi tutta la luce che la natura
ci ha accordata, e ci terrebbero rinchiusi come prigionieri in un angolo della
terra. Non veder niente al di là della propria patria è esser ben limitati,
mentre è segno d'uno spirito eccellente giudicare di tutto senza prevenzione.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XII,
pagg. 888-890)