La legge del bisogno e dell’interesse costituisce decondo
Édouard Cleparède (1873-1940) il fondamento psicologico della scuola attiva in
quanto essa tiene conto del fatto che l’attività del fanciullo è sempre
suscitata da un bisogno per soddisfare il quale il fanciullo è disposto a
mobilitare le sue energie. È quindi necessario mettere lo scolaro nella
situazione adatta a risvegliare un interesse, un bisogno e consentirgli di
apprendere quelle conoscenze adatte a soddisfarlo.
É. Cleparède, L’educazione
funzionale
La legge del bisogno o principio funzionale
Il principio della Scuola attiva ha la sua naturale origine dalla legge fondamentale dell’attività degli organismi, che è la legge del bisogno, o dell’interesse: l’attività è sempre suscitata da un bisogno. Un atto che non è direttamente o indirettamente collegato ad un bisogno, è una cosa contro natura. E questa cosa contro natura è ciò che la scuola tradizionale si ostina ad ottenere dai suoi disgraziati scolari: far fare loro, dalla mattina alla sera e dal gennaio al dicembre, delle cose che non rispondono ad alcun bisogno di questi ragazzi. Questi atti, questi sforzi che si richiede da loro, non essendo regolati dalla legge del bisogno, si è obbligati, per suscitarli, a ricorrere ad una serie di mezzi, punizioni, cattivi punti, ricompense, esami, minacce, etc., che hanno l’efficacia che ognuno conosce.
Un atto
normale deve essere sempre funzionale, cioè deve avere sempre come
caratteristica quella di realizzare i fini capaci di far sviluppare il bisogno
che lo ha fatto nascere. Se si sopprime il bisogno primitivo si viene a
sopprimere la causa dell’atto stesso.
La
scuola tradizionale richiede questa mostruosità psicologica: atti che non
rispondono ad alcun bisogno. dunque atti senza causa. La Scuola attiva, al
contrario, è fondata sul principio del bisogno. Per fare agire il vostro
scolaro metterlo nelle circostanze nelle quali venga a provare il bisogno di
compiere quell’azione che voi attendete da lui.
La
Scuola attiva non ha altro fondamento psicologico oltre a questo. Questo
principio funzionale non è, notiamolo bene, una concezione del pensiero,
un’ipotesi metafisica. È l’espressione di un fatto di osservazione di tutti i
giorni e di tutti i momenti. È il bisogno che mette in moto gli individui, gli
animali, gli uomini, che fa vibrare gli stimolanti interiori della loro
attività. È ciò che si può notare dappertutto e sempre; salvo, è vero, nelle
scuole, perché esse sono al di fuori della vita.
Come suscitare il bisogno nella scuola?
“Tutto
questo è molto bello – obbietterà qualcuno. – Voi parlate bene, dicendo che la
scuola è fuori della vita. Ed è proprio per questo che non la si potrà fondare
sulla legge del bisogno, che non si esplica che nella vita. Tra scuola e vita
vi è un muro che giammai la vita oltrepasserà. Come volete trovare in un’aula
di scuola, degli stimolanti dell’attività nascente da un bisogno dei
fanciulli?”
Questa
obbiezione, di cui certamente si servono tacitamente gli avversari della Scuola
attiva, [...] sembra assolutamente insormontabile. Come dare agli scolari dei
motivi d’azione? Come giungere a far sl che essi desiderino con tutte le loro
forze di imparare l’aritmetica, la storia, l'ortografia?... La soluzione di
questo problema appare quasi disperata.
Essa,
ciononostante, non lo è per colui che tiene conto degli insegnamenti della
psicologia del fanciullo. Costui saprà che il fanciullo è un essere di cui uno
dei principali bisogni è il giuoco. Ed è proprio perché ha questo
bisogno che è un fanciullo; si può dunque considerare la tendenza al giuoco
come qualcosa di essenziale alla sua stessa natura. Il bisogno di giocare: è
proprio questo l’elemento che potrà riconciliare la scuola con la vita, fornire
allo scolaro questi stimolanti all’azione che si pretendeva essere impossibile
trovare nell’aula di scuola. Qualunque sia l’attività che voi volete far
compiere al fanciullo, se avrete trovato il mezzo di presentargliela in modo
che egli la veda come un giuoco, essa sarà suscettibile di liberare a suo
profitto dei tesori di energia. La stessa pagina di storia, secondo che debba
essere imparata a memoria per una “recitazione scritta”, oppure serva di tema
all’organizzazione di un quadro vivente, susciterà delle reazioni diametralmente
opposte!
Il
giuoco è dunque, per la realizzazione pratica della Scuola attiva, di una
importanza fondamentale. l; esso che ci permetterà di realizzare nella scuola
il principio funzionale. È questo il punto di unione della scuola con la vita;
il ponte levatoio grazie al quale la vita potrà penetrare nella fortezza
scolastica, da cui torri e muraglie sembravano separarla per sempre. [...]
Il sapere al servizio dell’azione
Il
principio funzionale, che ci ricorda che l’azione ha sempre la funzione di
rispondere ad un bisogno (organico o intellettuale), ci rivela nello stesso
tempo quale sia il significato biologico del sapere, delle conoscenze che
veniamo ad acquistare. Questo sapere non ha valore che in quanto serve ad
adattare la nostra azione e a permetterle di giungere il meglio possibile al
suo scopo, la soddisfazione del desiderio che l’ha fatta nascere.
Che il
sapere non ha alcun valore funzionale e non è fine a se stesso, è questo un
altro punto che la Scuola attiva non deve mai perdere di vista. È alla luce di
questa verità che essa stabilirà i suoi programmi. Il sapere al servizio
dell’azione. Schematizziamo ora le tappe del processo educativo della Scuola
attiva, per meglio fissare le idee, nella maniera seguente:
1.
Risvegliarsi di un bisogno (di un interesse, di un desiderio) mettendo lo
scolaro nella situazione adatta a suscitare questo bisogno o questo desiderio.
2.
Sviluppo da questo bisogno della reazione propria a soddisfarlo.
3.
Apprendimento di conoscenze adatte a controllare questa reazione, a dirigerla,
a condurla al fine che essa si era proposta.
Come
siamo lontani dal sistema tradizionale che, falsando la relazione di questi due
ultimi termini, mette l’azione al servizio del sapere, e che non dà alcun posto
al desiderio! [...]
I due sensi della parola “attività”
Come
abbiamo già detto, il termine “attività” è ambiguo. Vi sono almeno due
principali accezioni, entrambe del tutto legittime. Ma una sola di queste
accezioni è implicita nella nozione della Scuola attiva. Nonostante ciò queste
due accezioni sono molto vicine. Si comprenderà quindi come i sostenitori della
Scuola attiva abbiano potuto scivolare senza accorgersene dall'una all’altra,
tanto piú che la psicologia comune non le ha mai nettamente distinte. È
necessario dunque farlo qui, sia pur brevemente.
In una
prima accezione, attività ha un senso funzionale; è quello che abbiamo
considerato precedentemente. È attiva una reazione che risponde ad un bisogno,
che sorge per un desiderio, avente il suo punto di partenza nell’individuo che
agisce attraverso uno stimolo interno all’essere operante. In questo senso
l’attività si oppone alla costrizione, all’obbedienza, alla ripugnanza o
indifferenza.
In una
seconda accezione, “attività” significa effettuazione, espressione, produzione,
processo centrifugo; mobilitazione di energia, lavoro. Qui, attività si oppone
a recezione, a ideazione a sensazione, impressione, immobilità. Per far
comprendere tutto ciò che intendiamo, ecco alcuni esempi. Desideriamo imparare
una poesia: la leggiamo parecchie volte, poi, allontanando gli occhi dal libro,
proviamo a recitarla a memoria. La lettura di questa poesia era passiva
e solamente nel momento in cui abbiamo tentato di recitarla, abbiamo
preso un atteggiamento attivo, siamo passati all’atto. Oppure, leggiamo a
qualcuno delle coppie di nomi, come cavallo-carrozza, cielo-nube, etc.,
pregandolo di ricordarsene. Poi, ci limitiamo a dargli una serie di parole,
pregandolo di trovare egli stesso una associazione a ciascuna di queste
parole. Nel primo caso il nostro soggetto era nell’atteggiamento passivo; nel
secondo caso nell’atteggiamento attivo.
Riassumiamo
sotto forma di tabella queste due specie di attività, con le caratteristiche
proprie a ciascuna di esse ed ai loro opposti:
1. - Senso funzionale
Attività Passività
Bisogno,
interesse Disgusto
Desiderio Indifferenza
Disciplina
interiore Disciplina esteriore
Stimolanti
interiori Stimolanti
esteriori
Consenso
del soggetto Resistenza
Spontaneità,
libertà Costrizione, obbedienza
Attenzione
spontanea Disattenzione, attenzione
volontaria (con sforzo).
2. - Senso di effettuazione
Attività Passività
Espressione Impressione
Produzione
(o riproduz.) Recezione
Esteriorizzazione Ideazione
Reazione Sensazione
Processo
centrifugo Processo centripeto
Invenzione Comprensione
Movimento Immobilità
Lavoro
(scuola-officina) Lettura (scuola
libresca)
Abbiamo
raggruppato sotto ciascuno di questi aspetti di attività, 1 e 2, i diversi
fenomeni la cui parentela consiste precisamente nell’assumere l’una o l’altra
forma di questi tipi di attività. Non potendo qui entrare in molti particolari,
speriamo almeno di aver fatto comprendere ciò che distingue queste due diverse
accezioni della parola “attività”.
Facciamo
notare come l’attività del secondo senso possa essere molto bene associata
all’attività come alla passività del primo senso. Notiamo anche che l’attività
del primo senso si può collegare alle due forme del secondo senso. Da ciò si
possono far derivare quattro differenti casi: se scriviamo una lettera perché
si desidera, siamo attivi sia nel primo che nel secondo senso. Se scriviamo una
lettera perché ne siamo obbligati, siamo attivi solamente nel secondo senso e
passivi nel primo. Se ascoltiamo una risposta ad una domanda che abbiamo posta,
siamo attivi nel primo senso, ma passivi nel secondo. Infine, se siamo
trascinati ad una conferenza senza alcun interesse per noi, siamo passivi cosí
nel primo come nel secondo senso.
Uno
sforzo, uno sforzo penoso che costa sacrificio, sarà attivo nel secondo senso,
ma passivo riguardo al primo.
Cosí,
come si vede, l’attività di effettuazione non è né una caratteristica
necessaria, né una caratteristica sufficiente per ciò che bisogna intendere per
Scuola attiva, se lo spirito di essa consiste nell’essere fondata sulla vita.
Ma bisogna riconoscere che l’attività di effettuazione presenta alcuni vantaggi
di cui la scuola dovrà servirsi. Innanzitutto, ciò che è appreso con il sistema
attivo (nel secondo senso) è ricordato molto meglio. Poi, l'attività, nel
secondo senso, produce degli effetti tangibili, visibili, che facilmente
divengono il punto di partenza di un processo funzionale. L’attività, nel
secondo senso, è dunque un ausiliare assai prezioso della Scuola attiva.
Di qui
si comprende quale sia l’origine delle confusioni a cui abbiamo fatto cenno. Il
termine Arbeitsschule conteneva una mescolanza dei due concetti di
attività. Anche il termine di Scuola attiva ha in sé questo duplice
significato. [...]
Per
concludere queste riflessioni ancora non molto approfondite, che hanno soprattutto
lo scopo di suscitarne di piú profonde, diremo che l’attività, nel piú alto
significato del termine, è l’attività nel senso funzionale, nel primo
senso. Ma se si combinano il bisogno e l’esteriorizzazione, si otterrà
un’addizione di elementi favorevoli e si potrà dire allora di aver realizzato
l’attività nel significato piú completo del termine.
R. Fornaca-R. S. Di Pol, Dalla certezza alla complessità.
La psicologia scientifica del Novecento, Principato, Milano, 1993, pagg. 114-118