I classici Lun Yü fanno parte dei cosiddetti Ssu
Shu o Quattro Libri, che sono: Ta Hsüe (“La Grande
Dottrina”); Lun Yü (“I Dialoghi”); Chung Yung (“Il
Giusto Mezzo”); Mêng Tsu (“Il Libro di Mencio”). Mêng Tsu
(Mencio, 372-289 a.C.) fu il piú geniale dei predicatori del pensiero di
Confucio.
I Lun Yü sono, nella loro redazione
attuale, opera di Cheng Kang Ch’eng (127-200 d.C.). Il parere di molti
sinologhi è che i Lun Yü siano stati raccolti dai discepoli cinquanta
anni dopo la morte del Maestro. Ne presentiamo un’ampia scelta.
a) Le radici dell’umanità
Lun Yü, I, 3
[...] “Il Savio coltiva la radice, se la radice è ben
ferma, si genera la via. Pietà ed obbedienza: queste sono le radici
dell’Umanità”.
b) I doveri del giovane
Lun Yü, I, 6
Il Maestro disse: “Il giovane deve essere, in casa,
amoroso verso i parenti, fuori di casa, rispettoso verso i superiori; esser
diligente e verace; estendere il suo amore a tutti, ma collegarsi (solo) con i
virtuosi; ciò fatto, impieghi l’energia che gli rimane nello studio delle
lettere e delle arti”.
c) Il sapiente è moderato
Lun Yü, I, 14
Il Maestro disse: “Il Savio il quale mangiando non cerca
sazietà, dimorando non cerca comodità, è accorto nelle faccende e cauto nelle
parole, e si tien presso ai sapienti per migliorarsi, si può chiamare amante
del sapere”.
d) Il governante saggio
Lun Yü, II, 3; II,
19; XII, 14; XIII, 6; XIII, 13
Il Maestro disse: “Se si guida con le leggi e si
mantiene l’ordine con i castighi, il popolo si asterrà dalla colpa, ma non avrà
coscienza alcuna; se si guida con la virtú e si mantiene l’ordine per mezzo
della morale, il popolo, allora, avrà coscienza”.
Il Principe Ai chiedendo disse: “Che farò perché il
popolo mi si sottometta?”. Confucio rispose: “Se innalzerai i buoni e calcherai
i pravi, il popolo ti sarà sottomesso; se innalzerai i pravi e calcherai i
buoni, il popolo non ti sarà mai docile”.
Tsu Chang chiese intorno all’amministrazione pubblica.
Il Maestro disse: “Occuparsene senza riposo e agire con giustizia”.
Il Maestro disse: “Se (il Principe) è retto, anche se
non comanda, le cose vengono eseguite; ma se non è retto, anche se comanda, le
cose non vengono eseguite”.
Il Maestro disse: “Se ci fosse uno che sapesse governare
se stesso, il governo (degli altri) che difficoltà gli farebbe? Ma uno che non
sa governare se stesso, come saprà governare gli altri?”.
e) Saper di non sapere
Lun Yü, II, 17
Il Maestro disse: “Yü, vuoi che t’insegni il Sapere?
Stimar di sapere ciò che tu sai e non stimar di sapere ciò che tu non sai,
questo è il sapere!”.
f) L’uomo nobile ama la
Legge
Lun Yü, IV, 11;
IV, 16
Il Maestro disse: “L’uomo nobile ama la virtú interiore,
l’uomo volgare ama le cose terrene; l’uomo nobile ama la legge, l’uomo volgare
ama il favore”.
Il Maestro disse: “Il Nobile è esperto nel dovere, il
volgare è esperto nell’interesse”.
g) Come Diogene
Lun Yü, VI, 9;
VII, 15
Il Maestro disse: “Saggio invero fu Hui! Una scodella di
legno piena di riso, un guscio di zucca pieno d’acqua, in un miserevole
chiassetto: altri non avrebbe potuto sopportare la sua sofferenza, ma Hui non
cambiava la sua allegrezza. Saggio, invero, fu Hui!”.
Il Maestro disse: “Nutrirsi di grosso cibo; bere acqua;
piegare il braccio e farsene capezzale: anche tra queste cose si può esser
contenti: non bene acquistate ricchezze e onori sono per me come fuggenti
nuvole”.
h) Equilibrio fra natura ed educazione
Lun Yü, VI, 16
Il Maestro disse: “Se la natura supera l’educazione, uno
riesce rustico; se l’educazione supera la natura uno riesce un copista; se tra
educazione e natura c’è equilibrio allora uno è saggio”.
i) Il Maestro
Lun Yü, VII, 26;
IX, 7
Il Maestro pescava all’amo, ma non alla rete; saettava
contro gli uccelli, ma non mai quando posavano nel nido.
Il Maestro disse: “Ho io la scienza? Io non ho la
scienza: ma se c’è un umile che mi interroghi e sia affatto digiuno, io ci
discuto da un capo all’altro, fino ad esaurire (l’argomento)”.
l) Vergogna ed errore
Lun Yü, XIV, 1;
XV, 7; XV, 29
Hsien chiese che cosa fosse la vergogna. Il Maestro
disse: “Se un Paese è in ordine, badare allo stipendio; se un Paese è in
disordine, badare allo stipendio; ciò è vergogna”.
Il Maestro disse: “Se tu con uno con cui tu puoi
parlare, non parli, perdi un uomo: se tu parli con uno con cui tu non puoi
parlare, tu perdi le parole. Il Saggio non perde né l’uomo né le parole”.
Il Maestro disse: “Errare e non emendarsi, questo si
chiama errare”.
m) Le nove cure del saggio
Lun Yü, XVI, 10
Confucio disse: “Il Saggio ha da pensare a nove cose:
guardando, ha cura di veder chiaro; ascoltando, ha cura di veder bene; per il
suo volto, ha cura che sia affabile; per il suo aspetto, ha cura che sia
dignitoso; per le sue parole, ha cura che sian veraci; per le sue faccende, ha
cura che siano zelanti; nei suoi dubbi, ha cura d’interrogare; nell’ira, pensa
alle noie (che ne potrebbero derivare); vedendo ciò che può essere acquistato,
pensa alla giustizia”.
n) Relativismo dei nomi
Lun Yü, XVI, 14
La moglie di un Principe del Regno, il Principe la
chiama “moglie”; chiamandosi da sé dice “piccola fanciulla”; la
gente del Regno la chiama: “moglie del Principe”; davanti a gente di
altri paesi la chiamano “la nostra piccola Principessa”. La gente di
altri paesi la chiama: “moglie del Principe”.
(I dialoghi di Confucio (Lun Yü),
Sansoni, Firenze, 1924, pagg. 3, 4, 6, 8, 11, 80, 86, 87, 11, 23, 24, 35, 43,
37, 45, 55, 93, 107, 111, 118, 120)