Copernico afferma che sono state
le incertezze degli altri matematici e i disaccordi fra loro a spingerlo sulla
strada della ricerca. Egli ritiene logico, cercando una via nuova, rifarsi a
quei filosofi antichi che proposero l’eliocentrismo. Verificata la nuova
ipotesi “diventa tutto cosí collegato che in nessuna parte di esso si può
spostare qualcosa senza crear confusione delle restanti parti e di tutto
l’insieme”.
N. Copernico, De revolutionibus
orbium coelestium, [dedica]
Forse la
Santità Vostra non si stupirà del fatto che io abbia osato dare alla luce i
frutti del mio lavoro - dopo aver speso tanto fatica nell’elaborarli - e
decidere di far stampare i miei pensieri sul moto della Terra; quanto piuttosto
si aspetterà di udire da me come mi sia venuto in mente di osare di immaginarmi
un movimento della Terra, che è contrario all’opinione ormai accettata dai
matematici e che contrasta con il comune modo di considerare le cose. Non
voglio nascondere alla Santità Vostra che nient’altro mi ha spinto a pensare ad
un nuovo modo di considerare i moti delle sfere del mondo, se non il fatto che
giunsi a comprendere che i matematici stessi non si trovano d’accordo nelle
loro indagini. Prima di tutto infatti sono a tal punto insicuri circa il moto
del Sole e della Luna, che non sono in grado di dimostrare in modo efficace la
durata costante dell’anno stagionale. In secondo luogo, allorché stabiliscono i
movimenti sia del Sole e della Luna sia degli altri cinque pianeti, non fanno
ricorso ai medesimi princípi e assunzioni, né alle stesse dimostrazioni
adottati per le rivoluzioni e i moti apparenti: in tal modo gli uni ricorrono
soltanto alle sfere omocentriche [che hanno la Terra come centro comune], gli altri
agli eccentrici e agli epicicli, senza però riuscire ad ottenere ciò che è
richiesto. Coloro infatti che fanno affidamento sulle sfere omocentriche, per
quanto abbiano dimostrato che con essi possono esser costituiti diversi
movimenti, nondimeno non hanno potuto stabilire niente di sicuro che
corrispondesse senz’altro ai fenomeni. Coloro poi che sono ricorsi agli
eccentrici, per quanto sembri che per mezzo di essi abbiano risolto in gran
parte i moti apparenti mediante calcoli corrispondenti alle previsioni,
tuttavia hanno ammesso cose che per lo piú sembrano essere contrarie ai primi
princípi circa l’uniformità del movimento. E la cosa piú importante, cioè la
forma del mondo e la esatta simmetria delle sue parti, non poterono trovarla o
ricostruirla mediante il ricorso agli eccentrici. Accadde quindi ad essi ciò
che accadrebbe ad una figura umana che si componesse di mani, capo, piedi e
altre membra ottime ma tutte di lunghezza differente, nient’affatto armoniche
tra sé, prese senza tener conto del disegno unitario di un solo corpo, in modo
che si otterrebbe un mostro anziché un uomo. Cosí nel processo della
dimostrazione che chiamano metodo, si scopre o che hanno tralasciato
qualche elemento necessario, o che hanno ammesso qualche dato estraneo che non
è assolutamente pertinente alla cosa. Il che non sarebbe affatto accaduto loro
se avessero seguito princípi sicuri. Se infatti le ipotesi da loro assunte non
fossero errate, si dovrebbe verificare senza dubbio tutto ciò che da esse
deriva. [...] [Copernico passa in rassegna quanti, fra gli antichi, hanno
avanzato l’ipotesi che la Terra potesse muoversi].
Quindi,
incontrata l’occasione, presi anch’io a pensare alla mobilità della Terra. E
per quanto l’opinione sembrasse assurda, tuttavia poiché sapevo che ad altri
prima di me era stata concessa la libertà di immaginare circoli per dimostrare
i fenomeni degli astri, ritenni che anche a me si potesse facilmente concedere
di ricercare se, supposto un certo movimento della Terra, potessero essere
trovate nelle rivoluzioni degli orbi celesti, dimostrazioni piú ferme di quelle
degli antichi.
E cosí io,
dopo aver considerato che la Terra si muovesse secondo i movimenti che piú
avanti le assegno nel testo, trovai infine, dopo una lunga e attenta indagine,
che se si rapportano al circuito della Terra i movimenti degli altri astri
erranti calcolati secondo la rivoluzione di ciascuna stella, non solo ne
conseguono i loro movimenti e fasi, ma anche l’ordine e la grandezza delle
stelle e di tutti gli orbi e lo stesso cielo diventa un tutto cosí collegato
che in nessuna parte di esso si può spostare qualcosa senza crear confusione
delle restanti parti e di tutto l’insieme. Di conseguenza nello sviluppo
dell’opera ho seguito quest’ordine: nel primo libro ho descritto tutte le posizioni
degli orbi con i movimenti che ho assegnati alla Terra, in modo che tale libro
contenga quasi la costituzione generale dell’Universo. Nei restanti libri poi,
confronto i moti delle altre stelle e di tutti gli orbi con il movimento della
Terra, in maniera che si possa comprendere fino a qual punto possano essere
salvate le apparenze e i movimenti delle altre stelle ed orbi, se si
confrontino coi movimenti della Terra. E non dubito che matematici dotti e
dotati di ingegno si renderanno solidali con me se vorranno conoscere ed
esaminare non superficialmente, ma profondamente (cosa che questa dottrina
esige prima di tutto), quanto è da me riportato in quest’opera per la
dimostrazione di quanto sopra. E affinché tutti, sia dotti che indotti vedano
che io non ho affatto intenzione di sottrarmi al giudizio, preferii dedicare
queste mie fatiche alla Santità Vostra piuttosto che ad un altro perché anche
in questo remotissimo angolo della Terra in cui mi trovo, la Santità Vostra è
stimata eminentissima per la dignità dell’Ufficio e per l’amore delle lettere e
delle matematiche e perché facilmente con la Vostra autorità e il Vostro
giudizio possiate impedire il morso dei calunniatori, nonostante sia
proverbiale che non c’è rimedio alcuno contro il morso dei sicofanti.
(La rivoluzione scientifica: da
Copernico a Newton, a cura di P. Rossi, Loescher, Torino, 1973, pagg.
146-151)