In questa
lettura Benedetto Croce critica la storiografia positivista nel campo degli
studi letterari.
B. Croce, Ultimi saggi, Laterza, Bari,
19351
Tutto torna; e col positivismo, che nel campo particolare della critica e storia letteraria prese forma di filologismo, tornarono anche il contingentismo e relativismo estetico e il congiunto falso storicismo, che predicava la necessità di spiegare le opere della poesia e dell’arte coi tempi, coi luoghi, con la biografia e con le altre circostanze, annullandole come opere di poesia e d’arte e trattandole come cose pratiche, di cui non poteva darsi altro giudizio se non che, cosí com’erano fatte, esse erano piaciute ai loro autori e a questi e a quelli dei loro lettori, contemporanei o anche non contemporanei. Quel falso storicismo si chiamò “scuola storica della critica letteraria”. E ammetteva questa talvolta in giudizio, che chiamava “estetico”, ma come un ornato aggiunto dal critico e conforme al suo proprio e personale sentimento; e per tal modo a una falsa storia annodava una falsa estetica. E quando taluno volle far avvertire che il vero giudizio storico della poesia è quello estetico – e, reciprocamente, che il vero giudizio estetico è quello storico –, non fu inteso o peggio fu frainteso, quasi dicesse il medesimo di quel che essi dicevano, laddove diceva il preciso opposto. E quando quel taluno, ai rinnovati e fastidiosi contrasti di “scuola storica” e “scuola estetica”, esclamò: – Cose vecchie! Riedel e Herder! – essi non compresero, perché, da bravi componenti di una positivistica “scuola storica”, ignoravano proprio la storia, la storia delle teorie letterarie, e le discussioni già fatte in questa parte e sorpassate, e i lenti avanzamenti, e i risultati conseguiti e da tenere ormai fermi contro gl’incompetenti delle piú opposte provenienze e delle piú diverse qualità, letterati eleganti, ispidi filosofi o eruditi senza cervello.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. I, pagg. 483-484