La realtà
del mondo è per gli uomini solo congettura; il mondo che conosciamo è un mondo
congetturale, cioè ipotizzato e posto da noi stessi. Di questa congettura la
forma è data dalla mente umana, simile in questo alla facoltà divina di creare:
Cusano definisce la mente umana “nobile similitudine di Dio”.
N.
Cusano, De coniecturis, I, cap. III
Conviene che la nostra mente
avanzi qualche congettura sul modo della derivazione del mondo delle cose
dall’infinita ragione divina. Siccome infatti la mente umana, nobile
similitudine di Dio, partecipa, per quanto può, della fecondità della natura
creatrice, essa trae da se stessa, come dall’immagine della forma onnipotente,
degli enti di ragione, al fine di raffigurarsi quelli reali. Cosí la mente
umana risulta forma [modello] del mondo congetturale, come quella divina lo è
del reale. Per la qual ragione, come quella assoluta divina entità, è tutto ciò
che è reale in qualunque cosa sia, cosí anche l’unità della mente umana è
l’entità delle sue proprie congetture. Ma Dio opera tutte le cose per se
stesso, in maniera da essere contemporaneamente principio intellettuale e fine
di tutte, e cosí il dispiegarsi [explicatio] del mondo della ragione che
esce dalla nostra mente, e che vi è complicato [complicatio], è per la
mente stessa che lo costruisce. Quanto piú sottilmente infatti essa contempla
se stessa nel mondo che ha dispiegato da sé, e tanto piú riccamente essa si
feconda da sé al suo interno, essendo suo fine quella ragione infinita, nella quale
soltanto essa intuirà se stessa nel suo vero essere, come in quella che per
tutti è misura dell’attività razionale e all’assimilazione della quale noi
tanto piú ci solleviamo e ci avviciniamo, quanto piú profondamente cercheremo
il principio della nostra mente, della quale la mente divina è unico centro
vitale.
Ma perché tu sia condotto alla
comprensione del piano di questo discorso, e accetti la mente come principio di
congetture, fa’ attenzione a questo: che come il primo principio di tutte le
cose e della nostra mente si è dimostrato unitrino, in modo che della
moltitudine, dell’ineguaglianza e della divisione delle cose uno solo sia il
principio, dalla cui assoluta unità discenda la moltitudine, e dalla cui
uguaglianza l’ineguaglianza, e dal cui nesso la divisione, cosí la nostra mente
[mens], che non può concepire altro che come intellettuale la natura
creatrice, si fa principio unitrino della sua costruzione d’un mondo di
ragione. L’unica ragione infatti della molteplicità, della grandezza, e della
composizione è la misura [mensura], in modo che, tolta questa, non
rimanga nessuna di quelle cose; cosí come, negata l’entità infinita, è evidente
che sono contemporaneamente negate le entità di tutte le cose. Per la qual cosa
l’unità della mente complica in sé tutta la molteplicità, e la sua uguaglianza
ogni grandezza, e cosí il suo nesso ogni composizione. La mente dunque come
principio unitrino per prima cosa dispiega la molteplicità dalla forza della
sua unità complicativa, e la molteplicità poi fa che si generino e
l’ineguaglianza e la grandezza. Per la qual cosa nella stessa primordiale
molteplicità, come nel primo esemplare, si vanno a cercare le grandezze, e le
forme perfettive degli enti portati a compimento, e le diverse ed ineguali. Poi
dalle une e dalle altre si avanza verso la composizione. Si comporta dunque la
nostra mente come principio distintivo, proporzionativo e compositivo.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pagg. 1045-1046)