CALOGERO, IL MITO DELL'INCENTIVO ECONOMICO

 

Se infatti ciò fosse vero, la conseguenza sarebbe che il mondo avrebbe dovuto essere tanto più produttivo, quanto più altro era il compenso differenziale spettante, nella gara economica, ai migliori produttori rispetto ai peggiori. In realtà le cose si sono svolte esattamente nel modo opposto. Si produceva di più, in Inghilterra, quando un audace intraprenditore poteva ottenere, come premio, il possesso di un impero nell'Oceano Indiano, oppure adesso, quando neppure il più brillante vincitore nelle competizioni economiche e finanziarie può possedere un parco o un castello senza doverlo a poco a poco cedere al Fisco? Non cè dubbio che oggi si produca molte volte di più, per compensi differenziali molte volte inferiori: e questo manda all'aria tutto il ragionamento sugli incentivi economici. Sta di fatto che quanto oggi più conta nel mondo, produttivamente e tecnologicamente parlando, è prodotto nella maggior parte dei casi da ricercatori e da tecnici a stipendio fisso, i quali guadagnerebbero più o meno lo stesso anche nel caso che non inventassero niente. O si crede, davvero, che essi scoprano quel che scoprono soltanto per la speranza di ricevere prima o poi il premio Nobel? O che Shelley abbia scritto l'Ode al vento dell'Ovest nell'aspettativa di diventare ricco? Che tutte le intelligenze veramente creative del mondo si riducano, insomma, a delle specie di primedonne, le quali non cacciano dall'ugola la voce che non hanno nessun merito di possedere se non sono pagate mille volte più dei portieri dei loro teatri, mentre gli scopritori della penicillina e del vaccino contro la poliomielite non guadagnano che quattro o cinque volte più dei bidelli delle loro università?

 

(Guido Calogero, Competizione e coesistenza)