Il Discorso preliminare fu
composto da Jean-Baptiste Le Rond, detto d’Alembert (1717-1783), verosimilmente
nel 1750 e apparve all’inizio del primo volume dell’Encyclopédie nel
1751. In esso sono esposti i princípi informatori della grande opera
collettiva.
Nella pagina che proponiamo alla
lettura è sintetizzata una teoria della conoscenza fondata sulle tre facoltà
della mente umana (memoria, ragione propriamente detta e immaginazione). Questa
teoria della conoscenza spiega lo stato delle scienze (divise e autonome l’una
dall’altra) e la necessità di unificarle.
D’Alembert, Enciclopedia,
Discorso preliminare
Il sistema
delle nostre conoscenze è costituito da diversi settori, alcuni dei quali hanno
uno stesso punto di incontro; e, dato che non è possibile, muovendo da questo
punto, percorrere contemporaneamente ogni strada, deve esserci una scelta
determinata dalla natura dei differenti spiriti. é pertanto assai raro che una
medesima persona proceda al tempo stesso in varie direzioni. Nello studio della
natura gli uomini si sono all’inizio dedicati, quasi spontaneamente, a
soddisfare i bisogni piú urgenti; ma, una volta pervenuti alle conoscenze meno
necessarie, essi hanno dovuto distribuirsele, e procedere ognuno da parte sua
con un passo all’incirca eguale. Pertanto diverse scienze sono state
all’incirca contemporanee; ma nell’ordine storico dei progressi dello spirito
si può abbracciarle soltanto successivamente.
Lo stesso
non avviene invece per l’ordine enciclopedico delle nostre conoscenze. Questo
consiste nel riunirle nel piú piccolo spazio possibile, ponendo il filosofo al
di sopra di questo vasto labirinto, in una prospettiva cosí elevata da poter
considerare insieme le scienze e le arti principali, da poter vedere con un
colpo d’occhio gli oggetti delle proprie speculazioni e le operazioni che può
compiere su tali oggetti, e da poter distinguere i principali settori delle
conoscenze umane, i punti che li separano e quelli che li uniscono,
intravedendo anche, in qualche caso, i cammini segreti che li congiungono.
[...]
Gli oggetti
di cui la nostra anima si occupa sono oggetti spirituali od oggetti materiali;
e la nostra anima si riferisce ad essi o mediante idee dirette o mediante idee
riflesse. Il sistema delle conoscenze dirette può consistere soltanto nella
collezione puramente passiva, quasi meccanica, di queste medesime conoscenze:
esso è ciò che chiamiamo memoria. La riflessione è invece di due tipi,
come si è osservato: essa ragiona sugli oggetti delle idee dirette, oppure li
imita.
Pertanto la
memoria, la ragione propriamente detta e l’immaginazione
costituiscono le tre maniere differenti in cui la nostra anima opera sugli
oggetti dei propri pensieri. Non intendiamo qui per immaginazione la facoltà di
rappresentarsi gli oggetti - poiché questa non è altro che la memoria stessa
degli oggetti sensibili, la quale sarebbe in continua attività se non fosse
agevolata dall’invenzione dei segni: noi intendiamo l’immaginazione in un senso
piú nobile e piú preciso, cioè come la capacità di creare mediante
l’imitazione.
Queste tre
facoltà formano le tre distinzioni generali del nostro sistema, e i tre oggetti
generali delle conoscenze umane: la storia, che si riferisce alla memoria;
la filosofia, che è il frutto della ragione; le belle arti, che
sorgono in virtú dell’immaginazione. Collocando la ragione prima
dell’immaginazione, questo ordine appare ben fondato, e conforme al naturale
progresso delle operazioni dello spirito: l’immaginazione è una facoltà
creativa, e lo spirito comincia - prima di creare - ragionando su quello che
vede e che conosce. Un altro motivo che deve indurci a porre la ragione prima
dell’immaginazione è il fatto che in questa facoltà dell’anima si trovano riunite
in qualche misura le altre due, e che la ragione vi si congiunge con la
memoria. Lo spirito non crea e non immagina se non oggetti che siano simili a
quelli che ha conosciuto mediante idee dirette e mediante le sensazioni: quanto
piú esso si discosta da questi oggetti, tanto piú gli esseri che esso forma
risultano bizzarri e meno gradevoli. Nell’imitazione della natura l’invenzione
stessa è sottoposta quindi ad alcune regole; e queste costituiscono
principalmente la parte filosofica delle belle arti, finora assai imperfetta -
poiché essa può essere soltanto opera del genio, mentre il genio preferisce
creare anziché discutere.
(Gli illuministi francesi,
a cura di P. Rossi, Loescher, Torino, 1987, pagg. 218-221)