D’Holbach, La funzione corruttrice delle idee teologiche

Secondo d’Holbach le idee teologiche hanno corrotto la politica, hanno trasformato i politici in tiranni e i preti in fautori della tirannide. Il principe educato “alle nozioni teologiche e alle infami lusinghe dei ministri della divinità” non può essere altro che un principe-tiranno.

 

P.-H. d’Holbach, Sistema della natura, Tomo II, cap. VI

 

Ahimè!, le idee teologiche e soprannaturali, adottate dall’orgoglio dei sovrani, non hanno fatto che corrompere la politica e mutarla in tirannide. I ministri dell’Altissimo, sempre tiranni essi stessi o fautori dei tiranni, non gridano continuamente ai monarchi che sono le immagini dell’Altissimo? Non dicono ai popoli creduli che il cielo vuole che gemano sotto le ingiustizie piú crudeli e piú moltiplicate, che soffrire è il loro retaggio, che i loro principi, come l’essere supremo, hanno il diritto indubitabile di disporre dei beni, della persona, della libertà, della vita dei loro sudditi? I capi delle nazioni, cosí avvelenati in nome della Divinità, non s’immaginano che tutto è loro permesso? Emuli, rappresentanti e rivali della potenza celeste, non esercitano sul suo esempio il dispotismo piú arbitrario? Non pensano, nell’ebbrezza in cui li getta l’adulazione sacerdotale, che, come Dio, essi non sono affatto responsabili delle azioni che fanno agli uomini, che non debbono niente al resto dei mortali, che nessun legame li stringe ai loro infelici sudditi?

È dunque evidente che è alle nozioni teologiche e alle infami lusinghe dei ministri della Divinità che son dovuti il dispotismo, la tirannide, la corruzione e la licenza dei principi e l’accecamento dei popoli, cui si impedisce in nome del cielo di amare la libertà, di lavorare alla propria felicità, di opporsi alla violenza, di usare dei loro diritti naturali. Questi principi inebriati, anche adorando un dio vendicatore e costringendo gli altri ad adorarlo, non cessano di oltraggiarlo ad ogni istante con le loro sregolatezze e i loro crimini. Quale morale, infatti, quella degli uomini che si danno come le immagini viventi e i rappresentanti della Divinità! Sono dunque atei quei monarchi ingiusti per abitudine e senza rimorsi che strappano il pane dalle mani dei popoli affamati per contribuire al lusso dei loro cortigiani e fornire vili strumenti delle loro iniquità? Sono atei quei conquistatori ambiziosi che, poco contenti di opprimere i propri sudditi, portano la desolazione, la disgrazia e la morte tra i sudditi degli altri? Che vediamo in quei potentati che per diritto divino comandano alle nazioni se non ambiziosi che niente ferma, cuori perfettamente insensibili ai mali del genere umano, anime senza energia e senza virtú che trascurano doveri evidenti, di cui non si degnano neppure istruirsi, uomini potenti che si mettono insolentemente al di sopra delle regole della giustizia naturale, furbi che si prendono giuoco della buona fede? Nelle alleanze che formano tra loro questi sovrani divinizzati, troviamo l’ombra della sincerità? Incontriamo in questi principi, anche quando sono piú umilmente sottomessi alla superstizione, la piú piccola virtú reale? Non vediamo tra loro che briganti, troppo orgogliosi per essere umani, troppo grandi per essere giusti, che si fanno un codice a parte di perfidie, di violenze, di tradimenti; non vediamo tra loro che malvagi, pronti a sorprenderci e a nuocerci; non troviamo che violenti sempre in guerra e, per i piú futili interessi, volti ad impoverire i loro popoli e a strappare gli uni agli altri i lembi sanguinanti delle nazioni: si direbbe che facciano a gara a chi produrrà piú infelici sulla terra! Da ultimo, stanchi dei propri furori o costretti alla pace dalla mano della necessità, attestando nei trattati insidiosi il nome di Dio, pronti a violare i loro solenni giuramenti quando il piú debole interesse lo esigerà.

 

(P.-H. d’Holbach, Sistema della natura, UTET, Torino, 1978, pagg. 544-546)