D’Holbach, La natura è un limite invalicabile e l’uomo non è libero

Nel materialismo di d’Holbach l’uomo è opera della natura e appartiene ad essa: siccome nella natura tutto avviene necessariamente, anche l’uomo è soggetto alle leggi della necessità. La libertà dell’uomo è la pretesa di quanti pensano che esista un’anima separata dal corpo - e quindi libera dalle leggi della natura -: ma ciò che chiamano anima non è altro che una serie di funzioni legate a meccanismi fisici e naturali.

 

P.-H. d’Holbach, Sistema della natura, Tomo I, capp. I, VI, XI

 

Gli uomini si inganneranno sempre quando abbandoneranno l’esperienza per sistemi partoriti dall’immaginazione. L’uomo è l’opera della natura, esiste nella natura, è sottomesso alle sue leggi, non può affrancarsene, non può, anche con il pensiero, uscirne; vanamente il suo spirito vuole slanciarsi al di là dei limiti del mondo sensibile, è sempre costretto a rientrarvi. Per un essere formato dalla natura e circoscritto da essa, non esiste alcunché al di là del grande tutto di cui fa parte e di cui sente le influenze; gli esseri, che si suppongono al di sopra della natura o distinti da essa, sono sempre chimere, delle quali non sarà mai possibile formarci delle idee veritiere, non piú che del luogo che occupano e del loro modo di agire. Non c’è e non può esserci alcunché fuori della cerchia che racchiude tutti gli esseri.

Cessi dunque l’uomo di cercare fuori del mondo che abita degli esseri che gli procurano una felicità che la natura gli rifiuta; studi questa natura, apprenda le sue leggi, contempli la sua energia ed il modo immutabile in cui essa agisce; applichi le sue scoperte alla sua felicità, si sottometta in silenzio a leggi cui niente può sottrarlo; si disponga ad ignorare le cause avvolte per lui da un velo impenetrabile; subisca senza lamentarsi gli arresti di una forza universale che non può ritornare sui suoi passi e che non può mai allontanarsi dalle regole che la sua essenza le impone. [...]

In tutti i fenomeni che l’uomo presenta dalla nascita fino alla morte, vediamo solo una successione di cause ed effetti necessari e conformi alle leggi comuni a tutti gli esseri della natura. Tutti i suoi modi di agire, le sue sensazioni, le sue idee, le sue passioni, le sue volontà, le sue azioni sono conseguenze necessarie delle sue proprietà e di quelle che si trovano negli esseri che agiscono su di lui. Tutto ciò che egli fa e tutto ciò che avviene in lui sono effetti della forza d’inerzia, della gravitazione su di sé, della virtú attrattiva e repulsiva, della tendenza a conservarsi, in una parola dell’energia che ha in comune con tutti gli esseri che vediamo. Essa non fa che mostrarsi nell’uomo in maniera particolare, e ciò è dovuto alla sua natura particolare, per la quale è distinta dagli esseri di un sistema o di un ordine differente.

La causa degli errori in cui l’uomo è caduto, quando ha considerato se stesso, è venuta, come avremo ben presto occasione di mostrare, dal fatto che ha creduto di muoversi da se stesso, di agire sempre con la propria energia, di essere, nelle sue azioni e nelle sue volontà che ne sono le forze motrici, indipendente dalle leggi generali della natura e dagli oggetti che, spesso a sua insaputa e sempre malgrado lui, questa natura fa agire su di lui. Se si fosse attentamente esaminato, se avesse riconosciuto che tutti i suoi movimenti non sono niente meno che spontanei, avrebbe trovato che la sua nascita dipende da cause che sono completamente fuori del suo potere, che è senza il suo consenso che entra nel sistema in cui occupa un posto, che dal momento in cui nasce fino a quello in cui muore è continuamente modificato da cause che, suo malgrado, influiscono sulla sua macchina, modificano il suo essere e dispongono della sua condotta. Non è sufficiente la piú piccola riflessione per provargli che i solidi ed i fluidi di cui il corpo è composto, che il suo meccanismo nascosto che crede indipendente da cause esterne, sono perpetuamente sotto l’influenza di quelle cause e senza di essa sarebbero in una totale incapacità di agire? Non vede che il suo temperamento non dipende in alcun modo da lui stesso, che le sue passioni sono conseguenze necessarie di questo temperamento, che le sue volontà e le sue azioni sono determinate da queste stesse passioni e dalle opinioni che non si è dato? Il suo sangue piú o meno abbondante o caldo, i suoi nervi e le sue fibre piú o meno tesi o rilassati, le sue disposizioni durature o passeggere, non sono proprio loro a decidere in ogni istante delle sue idee, dei suoi movimenti, sia visibili, sia nascosti? E lo stato in cui si trova non dipende necessariamente dall’aria diversamente modificata, dagli alimenti che lo nutrono, dalle combinazioni segrete che hanno luogo in lui stesso e che conservano l’ordine o portano il disordine nella sua macchina? In una parola, tutto avrebbe dovuto convincere l’uomo che è, in ogni istante della sua durata, uno strumento passivo nelle mani della necessità. [...]

Coloro che hanno preteso che l’anima fosse distinta dal corpo, fosse immateriale, ricavasse le sue idee da se stessa, agisse di per se stessa senza l’aiuto degli oggetti esterni, in conseguenza del loro sistema l’hanno affrancata dalle leggi fisiche secondo le quali tutti gli esseri che conosciamo sono costretti ad agire. Hanno creduto che l’anima fosse padrona di se stessa, potesse regolare le proprie operazioni, determinare i suoi voleri con la propria energia, in una parola hanno preteso che l’uomo fosse libero.

Abbiamo già sufficientemente dimostrato come l’anima non fosse che il corpo considerato relativamente a talune delle sue funzioni piú nascoste delle altre. Abbiamo mostrato che l’anima, quando anche la si supponesse immateriale, sarebbe perpetuamente modificata insieme con il corpo, sottomessa a tutti i suoi movimenti, senza i quali resterebbe inerte e morta: di conseguenza, è sottomessa all’influenza delle cause materiali e fisiche che muovono il corpo, il cui modo di essere, sia abituale che passeggero, dipende dagli elementi materiali che ne formano il tessuto, ne costituiscono il temperamento, che entrano in lui attraverso l’alimentazione, che lo penetrano e lo circondano. Abbiamo spiegato in maniera puramente fisica e naturale il meccanismo che costituisce le facoltà che si chiamano intellettuali e le qualità che si dicono morali. Abbiamo dimostrato, da ultimo, che tutte le nostre idee, i nostri sistemi, le nostre affezioni, le nozioni vere o false che ci formiamo, si devono ai nostri sensi materiali e fisici. Cosí, l’uomo è un essere fisico: comunque lo si consideri, è legato alla natura universale e sottomesso alle leggi necessarie e immutabili che impone a tutti gli esseri che contiene, secondo l’essenza particolare o le proprietà che dà loro senza consultarli. La nostra vita è una linea che la natura ci ordina di tracciare sulla superficie della Terra, senza mai poter allontanarcene un istante. Nasciamo senza il nostro volere, la nostra organizzazione non dipende affatto da noi, le nostre idee ci vengono involontariamente, le nostre abitudini sono in potere di quelli che ce le fanno contrarre, siamo continuamente modificati dalle cause, sia visibili che nascoste, che regolano necessariamente il nostro modo di essere, di pensare e di agire. Stiamo bene o male, siamo felici o infelici, saggi o insensati, ragionevoli o irragionevoli, senza che la volontà entri in alcun modo in questi differenti stati. Tuttavia, nonostante i continui ostacoli di fronte ai quali ci troviamo, si pretende che siamo liberi o che determiniamo le nostre azioni e il nostro destino indipendentemente dalle cause che agiscono su di noi.

Per poco fondata che sia questa opinione, dalla quale tutto dovrebbe disingannarci, passa oggi, nello spirito di un gran numero di persone, peraltro molto illuminate, per una verità incontestabile: essa è la base della religione che, presupponendo rapporti tra l’uomo e l’essere sconosciuto che pone al di sopra della natura, non ha potuto immaginare che potrebbe meritare o demeritare di questo essere, se fosse libero nelle sue azioni. Si è creduto che la società fosse interessata a questo sistema, avendo supposto che, se tutte le azioni degli uomini fossero considerate necessarie, non si sarebbe piú o meno in diritto di punire quelle che danneggiano i loro associati. Da ultimo, la vanità umana fece sua, senza dubbio, un’ipotesi che sembrava distinguere l’uomo da tutti gli altri esseri fisici, attribuendo alla nostra specie la prerogativa di un’indipendenza totale che, per poco che si rifletta, avvertiremo impossibile.

 

(P.-H. d’Holbach, Sistema della natura, UTET, Torino, 1978, pagg. 82, 145-146, 230-231)