Secondo
Joseph de Maistre la grandezza della lingua latina è data dalla sua storia. I
Romani le hanno impresso il senso della maestà. Essa poi è stata usata per
civilizzare i barbari. Infine i grandi scienziati l’hanno usata per scrivere le
loro opere.
J. de Maistre, Saggio sul principio
generatore delle costituzioni politiche
Niente uguaglia la dignità della lingua latina. Fu parlata dal popolo-re, il quale le impresse quel marchio di grandezza unico nella storia del linguaggio umano, che nessuna lingua, neppure la piú perfetta, è mai riuscita a conquistare. Il termine di maestà appartiene al latino. La Grecia l’ignora; ed è soltanto per la maestà che essa rimase inferiore a Roma, nelle lettere come sui campi di battaglia. Nata per comandare, questa lingua comanda ancora nei libri di coloro che la parlarono. È la lingua dei conquistatori romani e dei missionari della Chiesa romana: uomini che differiscono soltanto per lo scopo ed il risultato della loro azione. Per i primi si trattava di asservire, umiliare, sconvolgere il genere umano; i secondi venivano ad illuminarlo, risanarlo, salvarlo; ma si trattava sempre di vincere e di conquistare e, da una parte e dall’altra, si trova la stessa potenza. [...]
È la lingua della civiltà. Mescolata a quella dei nostri padri, i Barbari, ha saputo affinare, ingentilire e, per cosí dire, spiritualizzare quei rozzi idiomi che soltanto cosí sono diventati quel che vediamo. Forti di questa lingua, gli inviati del Pontefice romano andarono incontro a quei popoli che piú non li avvicinavano. Dal giorno del loro battesimo, costoro non l’hanno piú dimenticata. Si dia uno sguardo a un mappamondo; la linea d’arresto di questa lingua universale segna i confini della civiltà e della fraternità europea; al di là troverete soltanto quella parentela umana che si trova fortunatamente dovunque. Il segno distintivo dello spirito europeo è la lingua latina. [...]
Dopo essere stato lo strumento della civiltà, mancava al latino un solo genere di gloria, e lo conquistò, quando maturò il momento, divenendo la lingua della scienza. I geni creatori l’adottarono per comunicare al mondo i loro grandi pensieri. Copernico, Keplero, Descartes, Newton e cento altri ancora, importantissimi anche se meno celebri, hanno scritto in latino. Una enorme quantità di storici, pubblicisti, teologi, medici, antiquari, ecc., inondarono l’Europa di opere latine di ogni genere. Piacevoli poeti, letterati di prim’ordine restituirono alla lingua di Roma le antiche forme e la riportarono ad un grado di perfezione che non cessa di stupire gli uomini che paragonano i nuovi scrittori ai loro modelli. Tutte le altre lingue, per quanto studiate ed intese, tacciono tuttavia nei monumenti antichi, probabilmente per sempre.
Sola tra tutte le lingue morte, quella di Roma è veramente risuscitata; e, simile a colui che celebra dopo venti secoli, una volta risuscitata, non morirà piú.
Grande Antologia filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX,
pag. 191