Del Noce, Marxismo e borghesia

Augusto Del Noce (1910-1989) è stato un attento osservatore della storia e della cultura del nostro secolo. In particolare egli si è dimostrato profondo nell’analisi del marxismo, del fenomeno della secolarizzazione e della società permissiva, che egli considera una nuova forma di totalitarismo (“morbido”, non violento come quelli che lo hanno preceduto). Nella sua prosa piuttosto ermetica ma ricca di intuizioni profonde, egli ci propone una lettura del marxismo come fattore determinante che ha favorito la realizzazione del progetto borghese. Cosí alla fine la componente dialettica e rivoluzionaria è stata messa da parte e il materialismo economicistico, voluto dalla borghesia, ha trionfato.

 

A. Del Noce, Il problema dell’ateismo

 

Marx ha capito che non c’è che una via per colpire la religione, quella di sopprimerne effettivamente le radici. Cioè non la via metafisica, e neppure quella storica o scientifica, ma la via politica; il che, tra l’altro, è la piena conferma della mia tesi sulla priorità del momento politico nell’ateismo. Ma come la realizzazione del comunismo avrà a suo “risultato” l'ateismo? forse che in regime comunista sarà scomparsa la morte? e come la morte può non suscitare, anche ammessa una società perfettamente giusta, i problemi che tradizionalmente ha suscitato? e forse che non c’è un diritto alla speranza in una riparazione per le centinaia di milioni di vittime innocenti che il processo storico ha travolto nel suo corso? Non mi pare sia possibile che una risposta. La rivoluzione che porta al comunismo non può essere realizzata che attraverso un’etica che ha il suo fondamento in una concezione dell’uomo assolutamente ateizzata e di cui d’altra parte l’adozione si impone come necessaria, perché l’alternativa è pensata come la barbarie radicale. Solo in questo senso mi pare si possa dire che la realizzazione del comunismo debba coincidere con la scomparsa del problema di Dio.

[...] L’ateismo positivo ha storicamente vinto nella sua forma marxista, ma questa vittoria ha coinciso con la sua sconfitta. In primo luogo perché ha dato valore profetico all’intuizione del suo massimo avversario, Nietzsche, sconfitto a sua volta per l’impotenza a cui il suo pensiero si trova ridotto nei riguardi della pratica; il materialismo dialettico è diventato strumento della volontà di potenza, ma non già di un superuomo, non di colui che accetta il pensiero dell’“eterno ritorno”, ma dell’uomo in cui il gregge si riconosce, e che gli parla, oggi, il linguaggio adatto, quello dell’“inventore della felicità”. Di piú, il marxismo si è decomposto nelle due forme del materialismo dialettico e del socialismo; il processo del comunismo è orientato verso l’accettazione dei valori della società opulenta, misurata dal sociologismo. Dunque perdita della dimensione del passato (è ciò che la società borghese ha accettato dal marxismo realizzandosi come puramente borghese, separata dal riferimento ad ogni altro valore che la “mistificava”), ma insieme di quella dell'avvenire. Dunque, alla realizzazione della pienezza e della libertà umana si è sostituito il processo di involuzione dell’uomo nell’animalità, cioè il nichilismo radicale. Espressione di questa borghesia soltanto tale, cioè di una società ridotta ai puri rapporti economici, è l’attuale democrazia pura, come democrazia elevata a valore, che differisce dal totalitarismo nei precisi termini in cui la “perdita del sacro” differisce dall’ateismo, e soltanto in essi: perché è anch’essa fondata, in ultima analisi, sulla forza, come quantità di voti, né riconosce, oltre alla forza, autorità di altri valori.

La scomparsa del problema di Dio si sta realizzando in una forma che i filosofi atei non avevano previsto. E che, invece, conferma una veduta del pensiero religioso: quella secondo cui soltanto l’idea della partecipazione permette una reale distinzione tra l’uomo e l’animale; l'idea dell’homo faber la cancella, vedendo nell’uomo un animale che si serve di un particolare sistema di segni (il linguaggio), che lo rende capace di adattarsi attivamente alle situazioni nuove.

[...] Ma questa lotta è possibile? La domanda non può prendere altro significato che quello se l’ateismo sia oltrepassabile, pur dopo il riconoscimento che esso non è stato sinora formalmente oltrepassato. Ci troviamo qui davanti alla tesi dell’insuperabilità del marxismo, al modo in cui è stato formulata da Sartre: l'antimarxismo ha da scegliere tra il ritorno alle idee premarxiste e la riscoperta delle idee già pronunziate dal marxismo. Ma questa tesi ha poi una vera forza? È verissimo che il marxismo è insuperabile all’interno di quella particolare linea di pensiero che ho definito come razionalismo. Ma si è visto come il razionalismo sia condizionato da un atto di fede iniziale, da una scelta originaria che esclude il soprannaturale, scelta che viene in luce nel carattere postulatorio che l’ateismo deve assumere.

 

A. Del Noce, Il problema dell’ateismo, Il Mulino, Bologna, 1990, pagg. 566-569