John Dewey (1859-1952) nel 1897 pubblica Il mio credo pedagogico in cui espone, nella
forma di un atto di fede i princípi ai quali si ispira la sua “educazione
progressiva” sperimentata a partire dal 1896 con la fondazione di una
scuola-laboratorio presso l’Università di Chicago. Dewey è consapevole della
prospettiva radicalmente nuova introdotta dalla sua concezione pedagogica e ne
riassume il significato in questi cinque punti che costituiranno da allora i
principi ispiratori del movimento della scuola attiva.
J. Dewey, Il mio credo
pedagogico
Articolo I Cos’è l’educazione
Io
credo che
– ogni
educazione deriva dalla partecipazione dell’individuo alla coscienza sociale
della specie. Questo processo s’inizia inconsapevolmente quasi dalla nascita e
plasma continuamente le facoltà dell’individuo, saturando la sua coscienza,
formando i suoi abiti, esercitando le sue idee e destando i suoi sentimenti e
le sue emozioni. Mediante questa educazione inconsapevole l’individuo giunge gradualmente
a condividere le risorse intellettuali e morali che l’umanità è riuscita ad
accumulare. Egli diventa un’erede del capitale consolidato della civiltà.
L’educazione piú formale e tecnica che esista al mondo non può sottrarsi senza
rischio a questo processo generale. Può soltanto organizzarlo o trasformarlo in
qualche direzione particolare.
– il
processo educativo ha due aspetti, l’uno psicologico e l’altro sociologico, e
che nessuno dei due può venire subordinato all’altro o trascurato senza che ne
conseguano cattivi risultati. Di questi due aspetti quello psicologico è
basilare. Gli istinti e i poteri medesimi del fanciullo forniscono il materiale
e danno l’avvio a tutta l’educazione. Se gli sforzi dell’educatore non si
riallacciano a qualche attività che il fanciullo compie di sua propria
iniziativa indipendentemente dall’educatore stesso, l’educazione si riduce a
una pressione dall’esterno. Essa può dare dei risultati esterni, ma non può
essere veracemente chiamata educativa. Senza una penetrazione della struttura e
delle attività psichiche dell’individuo il processo educativo sarà, perciò,
accidentale e arbitrario. Se coincide fortuitamente coll’attività del
fanciullo, ne verrà stimolato; altrimenti risulterà in un ostacolo o in un
agente di disintegrazione o di arresto della natura del fanciullo.
– la
conoscenza delle condizioni sociali, o dello stato attuale della civiltà, è
necessaria per potere interpretare esattamente i poteri del fanciullo. Questi
possiede i suoi istinti e le sue tendenze, ma noi ne ignoriamo il significato
finché non possiamo tradurli nei loro equivalenti sociali. Dobbiamo essere
capaci di riportarli ad un passato sociale e di vederli come l’eredità di
precedenti attività della specie. Dobbiamo essere capaci altresí di proiettarli
nel futuro per vedere quel che sarà il loro risultato e il loro fine.
–
l’aspetto psicologico e quello sociale stanno fra loro in un rapporto organico
e che l’educazione non può venir considerata come un compromesso fra i due
aspetti o come una sovrapposizione dell’uno sull’altro. Si afferma che la
definizione psicologica dell’educazione è nuda e formale, che ci dà soltanto
l’idea dello sviluppo di tutti i poteri della mente senza darci nessuna idea
del loro impiego. D’altra parte si insiste che la definizione sociale
dell’educazione come “adattamento” alla civiltà ne fa un processo forzato ed
esterno e conduce a subordinare la libertà dell’individuo a una situazione
sociale e politica presupposta.
–
ciascuna di queste obiezioni è vera quando viene affacciata contro uno dei due
aspetti isolato dall’altro. Per conoscere quel che è veramente una facoltà
dobbiamo conoscerne il fine, l’impiego o la funzione, e ciò non è possibile se
non si concepisce l’individuo come attivo nei rapporti sociali. Ma d’altra
parte il solo possibile “adattamento” che possiamo dare al fanciullo nelle
condizioni esistenti è quello che deriva dal porlo in possesso completo di
tutte le sue facoltà. Coll’avvento della democrazia e delle moderne condizioni
industriali è impossibile predire con precisione cosa sarà la civiltà di qui a
venti anni. È perciò impossibile preparare il fanciullo a un ordine preciso di
condizioni. Prepararlo alla vita futura significa dargli la padronanza di se
stesso; significa educarlo in modo che egli arrivi a conseguire l’impiego
intero e pronto di tutte le sue capacità; che il suo occhio, il suo orecchio e
la sua mano possano essere pronti strumenti di comando, che il suo giudizio
possa essere capace di afferrare le condizioni nelle quali deve lavorare e le
forze che egli deve sviluppare per poter agire economicamente ed
efficientemente. È impossibile raggiungere questo adattamento se non si tien
conto di continuo dei poteri, dei gusti, e degli interessi propri
dell’individuo, cioè se l’educazione non è costantemente convertita in termini
psicologici.
Riassumendo,
io credo che l’individuo che deve essere educato è un individuo sociale e che
la società è un’unione organica di individui. Se eliminiamo il fattore sociale
dal fanciullo si resta solo con un’astrazione; se eliminiamo il fattore
individuale dalla società, si resta solo con una massa inerte e senza vita.
Perciò l’educazione deve iniziarsi con una penetrazione psicologica delle
capacità del fanciullo, dei suoi interessi e delle sue abitudini. Essa deve
esser controllata ad ogni punto` con riferimento a queste stesse
considerazioni. Tali facoltà, interessi e abitudini devono essere continuamente
interpretate; noi dobbiamo sapere qual è il loro significato. Esse devono esser
tradotte nei loro equivalenti sociali e mostrare la loro capacità come organi
di servizio sociale.
Articolo II Cos’è la scuola
Io
credo che
– la
scuola è prima di tutto un’istituzione sociale. Essendo l’educazione un
processo sociale, la scuola è semplicemente quella forma di vita di comunità in
cui sono concentrati tutti i mezzi che serviranno piú efficacemente a rendere
il fanciullo partecipe dei beni ereditati dalla specie e a far uso dei suoi
poteri per finalità sociali;
–
l’educazione è, perciò, un processo di vita e non una preparazione a un vivere
futuro.
– la
scuola deve rappresentare la vita attuale – una vita altrettanto reale e vitale
per il fanciullo di quella che egli conduce a casa, nel vicinato o nel recinto
dei giochi.
–
quell’educazione che non si compie per mezzo di forme di vita, forme che vale
la pena di vivere per loro stesse, è sempre un inadeguato sostituto della
realtà genuina e tende a impastoiare e a intorpidire.
– la
scuola, come istituzione, deve semplificare la vita sociale esistente; deve
ridurla in certo modo a una forma embrionale. La vita esistente è così
complessa che il fanciullo non può venirvi portato a contatto senza confusione
o distrazione. Esso o è sopraffatto dalla molteplicità di attività che hanno
luogo, sí che smarrisce la sua capacità di reagire ordinatamente, oppure è
stimolato da queste varie attività in modo tale che le sue facoltà vengono
attivate prematuramente ed esso o diventa indebitamente specializzato oppure si
disintegra.
–
intesa come vita sociale semplificata, la vita di scuola deve svolgersi
gradualmente dalla vita domestica; che deve riprendere e continuare le attività
che già in casa sono familiari al fanciullo.
– deve
proporre queste attività al fanciullo e riprodurle in modo che esso possa
gradualmente apprenderne il significato e rendersi atto a fare la sua parte in
rapporto ad esse.
–
questa è una necessità psicologica, perché è il solo modo di assicurare la
continuità dello sviluppo del fanciullo, e il solo modo di dare uno sfondo di
esperienze passate alle idee nuove promosse a scuola.
– è
altresí una necessità sociale, perché la casa è la forma di vita sociale nella
quale il fanciullo è allevato e in rapporto alla quale esso ha ricevuto la sua
educazione morale. Spetta alla scuola di approfondire e di estendere il suo senso
dei valori collegato alla sua vita domestica.
Articolo III La materia dell’educazione
Io
credo che
– la
vita sociale del fanciullo è il fondamento della concentrazione, o della
correlazione, di tutta la sua educazione o sviluppo. La vita sociale conferisce
la unità inconsapevole e lo sfondo di tutti i suoi sforzi e di tutte le sue
realizzazioni.
– la
materia del programma scolastico deve differenziarsi gradualmente
dall’inconsapevole unità originaria della vita sociale.
– noi
violiamo la natura del fanciullo e rendiamo difficili i migliori risultati
morali introducendo il fanciullo troppo bruscamente a una quantità di studi
speciali, come il leggere, lo scrivere, la geografia, ed altri, senza rapporto
con questa vita sociale.
– il
vero centro di correlazione tra le materie scolastiche non è la scienza né la
letteratura né la storia o la geografia, ma sono le attività sociali del
fanciullo stesso.
–
l’educazione dev’essere concepita come una ricostruzione continua
dell’esperienza; che il processo e il fine dell’educazione sono una sola e
identica cosa.
– il
costituire qualsiasi fine esterno all’educazione come tale che dia ad essa il
suo fine e la sua norma equivale a privare il processo educativo di gran parte
del suo significato; e tende a indurci a fare assegnamento su stimoli falsi ed
esterni nei nostri rapporti col fanciullo.
Articolo IV La natura del metodo
Io
credo che
– la
questione del metodo sia riducibile infine alla questione dell’ordine dello
sviluppo delle facoltà e degli interessi del fanciullo. La legge per la
presentazione e per la trattazione della materia è la legge implicita nella
natura del fanciullo medesimo. È per questo che io credo che le proposizioni
seguenti siano d’importanza suprema per determinare con quale spirito si deve effettuare
l’educazione.
– il
lato attivo precede quello passivo nello sviluppo della natura del fanciullo;
che l’espressione viene prima dell’impressione consapevole; che lo sviluppo
muscolare precede quello sensoriale; che i movimenti precedono le sensazioni
consapevoli. Io credo che la coscienza sia essenzialmente motrice o impulsiva;
che gli stati coscienti tendano a proiettarsi in azione.
–
l’aver trascurato questo princípio sia la causa di gran parte dello spreco di
tempo e di energia nel lavoro scolastico. Il fanciullo è spinto a un
atteggiamento passivo, ricettivo o assorbente. Le condizioni sono tali che non
gli è consentito di seguire la legge della sua natura; di qui i contrasti e lo
sperpero.
– anche
le idee (i processi intellettivi e mentali) derivano dall’azione e vengono
trasmesse in vista di un migliore controllo dell’azione. Ciò che noi chiamiamo
ragione è essenzialmente la legge dell’azione ordinata e efficace. Il difetto
fondamentale dei metodi da noi attualmente adoperati in questo campo consiste
nel tentativo di sviluppare le facoltà del ragionamento e del giudizio senza
riferimento alla scelta o all’ordinamento dei mezzi di azione. Ne consegue che
noi mettiamo di fronte al fanciullo dei simboli arbitrari. I simboli sono
necessari allo sviluppo mentale, ma il loro posto è quello di strumenti per
economizzare lo sforzo; presentati in sé, essi sono un insieme di idee
arbitrarie e senza significato imposte dall’esterno.
_ gli
interessi sono i segni e i sintomi dello sviluppo di capacità. Io ritengo che
essi rappresentino delle capacità sorgenti. Perciò l’osservazione costante e
accurata degli interessi è della massima importanza per l’educatore.
–
questi interessi devono essere osservati come indici dello stato di sviluppo
raggiunto dal fanciullo.
– essi
annunciano lo stadio nel quale il fanciullo sta per entrare.
– solo
mediante l’osservazione continua e sollecita degli interessi della fanciullezza
è dato all’adulto di penetrare nella vita del fanciullo, di scorgere la
disposizione e la materia su cui egli potrebbe operare piú prontamente e con
miglior esito.
– a
questi interessi non si deve indulgere né li si devono reprimere. Reprimere un
interesse significa sostituire l’adulto al fanciullo, e indebolire in tal modo
la curiosità e la prontezza intellettuale, sopprimere l’iniziativa e
mortificare l’interesse. Indulgere agli interessi significa sostituire ciò che
è transeunte a ciò che è permanente. L’interesse è sempre il segno di qualche
potere celato; la cosa importante è di scoprirlo. Indulgere all’interesse vuol
dire mancar di penetrare sotto la superficie, e il risultato sicuro è la
sostituzione del capriccio e del ghiribizzo all’interesse genuino.
Articolo V La scuola e il progresso sociale
Io
credo che
–
l’educazione è il metodo fondamentale del progresso e dell’azione sociale.
– tutte
le riforme che poggiano semplicemente sull’emanazione di leggi o sulla minaccia
di certe penalità, o su mutamenti di dispositivi meccanici e esterni sono
transitorie e futili.
–
l’educazione è una regola del processo mediante cui si giunge a partecipare
della consapevolezza sociale; e che l’adattamento dell’attività individuale
sulla base di questa consapevolezza sociale è il solo metodo sicuro di
ricostruzione sociale.
–
questa concezione tiene in debito riguardo sia gli ideali individualistici che
quelli socialistici. Essa è individuale perché riconosce la formazione di un
certo carattere come la sola vera base del giusto vivere. È sociale perché
riconosce che questo giusto carattere non deve essere formato soltanto mediante
precetti, esempi o esortazioni individuali, ma piuttosto mediante l’influenza
di una certa forma di vita istituzionale o di comunità sull’individuo, e che
l’organismo sociale mediante la scuola come suo organo può dar luogo a dei
risultati morali.
R. Tassi, Itinerari pedagogici del ’900, Zanichelli,
Bologna, 1991, pagg. 321-326