Dostoevskij, Dalla libertà al dispotismo

Dostoevskij ci presenta in questa lettura la teoria di Sigaljov, secondo la quale partendo dall’esigenza del massimo di libertà si deve inevitabilmente arrivare al massimo di oppressione. Il filosofo mette in evidenza la dimensione dialettica della realtà umana, in cui spesso la conclusione contraddice l’idea di partenza.

 

F. M. Dostoevskij, I demoni

 

Sigaljov continuò.

“Avendo dedicato la mia energia allo studio del proclama dell’ordinamento sociale della futura società, con la quale sarà sostituita la presente, son giunto alla convinzione che tutti i costruttori di sistema sociali, dai tempi piú antichi fino al nostro anno 187..., sono stati dei sognatori, dei favolisti, degli sciocchi che contraddicevano se stessi, che non capivano assolutamente nulla della storia naturale e di quello strano animale che si chiama uomo. Platone, Rousseau, Fourier sono colonne d’alluminio, tutto ciò va bene forse per i passeri, e non per la società umana. Ma siccome la futura forma sociale è indispensabile proprio ora che tutti, finalmente, ci accingiamo ad agire per non esitare piú, io propongo il mio proprio sistema dell’ordinamento del mondo. Eccolo!” batté sul quaderno. “Avrei voluto esporre alla adunanza il mio libro in forma possibilmente abbreviata; ma vedo che occorrerà aggiungere ancora una quantità di spiegazioni a voce, e perciò tutta l’esposizione esigerà, almeno dieci sere, secondo il numero dei capitoli del mio libro. (Si udí qualche risata.) Inoltre dichiaro fin da ora che il mio sistema non è finito. (Altre risate.) Mi sono imbrogliato fra i miei propri dati, e la mia conclusione è in diretta contraddizione con l’idea iniziale, da cui parto. Partendo da un’assoluta libertà, concludo con un assoluto dispotismo. Aggiungerò, però, che tranne la mia soluzione della formula sociale non ce ne può essere nessun’altra”.

[...]

“Non è questo, signori,” s’intromise, alla fine, lo zoppo. In generale parlava con un certo sorriso come ironico, cosí che, magari, era difficile distinguere se parlasse sul serio o scherzasse. “Qui, signori, è un’altra cosa. Il signor Sigaljov è troppo seriamente votato al suo problema ed inoltre è troppo modesto. A me il mio libro è noto. Propone, in forma di soluzione finale della questione, la divisione dell’umanità in due parti disuguali. Una decina parte riceve la libertà della personalità ed ha un diritto illimitato sugli altri nove decimi. Questi devono perdere la personalità e trasformarsi come in una specie di gregge e per mezzo d’un’illimitata obbedienza raggiungere attraverso una serie di rigenerazioni l’innocenza primordiale, qualcosa come il paradiso primordiale, sebbene, del resto, debbano anche lavorare. Le misure proposte dall’autore per togliere ai nove decimi dell’umanità la libertà e per trasformarla in gregge per mezzo della rieducazione d’intere generazioni, sono assai notevoli, fondate su dati naturali ed assai logiche. Si può non convenire con certe deduzioni, ma è difficile dubitare dell’intelligenza e delle cognizioni dell’autore. Peccato che la condizione delle dieci sere sia perfettamente incompatibile con le circostanze; se no, si sarebbero potute sentire molte cose curiose.”

[...]

“Ha del buono nel suo quaderno,” continuava Verchovjenskij, “approva lo spionaggio. Secondo il suo sistema ogni membro della società vigila sull’altro ed è tenuto a denunciarlo. Ciascuno appartiene a tutti, e tutti a ciascuno. Tutti sono schiavi, e nella schiavitú sono eguali. Nei casi estremi c’è la calunnia e l’omicidio, ma sopra tutto l’eguaglianza. Per prima cosa si abbassa il livello dell’istruzione, delle scienze e degli ingegni. L’alto livello delle scienze e degli ingegni è accessibile solo alle doti superiori: non occorrono le doti superiori! Le doti superiori non possono non esser dispotiche ed hanno sempre corrotto piú che non giovato; vengono scacciate o soppresse. A Cicerone si taglia la lingua, a Copernico si cavano gli occhi, Shakespeare viene lapidato, ecco lo sigaliovismo! Gli schiavi devono essere uguali: senza dispotismo non c’è ancora stata né libertà, né eguaglianza, ma nel gregge ci deve essere l’eguaglianza, ed ecco lo sigaliovismo! Ah, ah, ah, vi riesce strano? Io sono per lo sigaliovismo!”

Stavrogin cercava d’affrettare il passo e di arrivar piú presto a casa. “Se quest’uomo è ubriaco, dove mai ha fatto in tempo ad ubriacarsi?” gli veniva in mente. “Possibile che sia il cognac?”

“Sentite, Stavrogin: livellare le montagne è una buona idea, non è ridicola. Io sono per Sigaljov! Non occorre l’istruzione, basta scienza! Anche senza la scienza basterà del materiale per mille anni, ma bisogna adattarsi all’obbedienza. Al mondo manca una cosa sola, l’obbedienza. La sete dell’istruzione è già una sete aristocratica. Non appena c’è la famiglia o l’amore, ecco già anche il desiderio della proprietà. Noi faremo morire il desiderio: spargeremo le sbornie, i pettegolezzi, le denunce; spargeremo una corruzione inaudita; spegneremo ogni genio nelle fasce. Tutto allo stesso denominatore,, l’eguaglianza perfetta. “Noi abbiamo imparato un mestiere, e siamo gente onesta, non abbiamo bisogno di nient’altro”, ecco la recente risposta degli operai inglesi. È indispensabile solo l’indispensabile, ecco l’impresa del globo d’ora innanzi. Ma occorre anche la convulsione; a questo penseremo noi, dirigenti. Gli schiavi devono avere dei dirigenti. Piena obbedienza, piena assenza di personalità, ma una volta ogni trent’anni Sigaljov scatena anche la convulsione, e tutti cominciano a un tratto a divorarsi l’un l’altro, fino a un certo punto, unicamente per evitar la noia. La noia è una sensazione aristocratica; nello sigaliovismo non ci saranno desideri. Il desiderio e la sofferenza è per noi, e per gli schiavi c’è lo sigaliovismo.”

 

F. M. Dostoevskij, I demoni, Garzanti, Milano, 1977, vol. II, pagg. 406-407, 408, 422-423