Nel cristianesimo l’intelletto e la volontà sono le due prerogative fondamentali di Dio (con un netto primato della volontà) e di esse si trova un riflesso anche nell’uomo: anche Cartesio si incammina lungo questa via, per dimostrare come nell’anima umana convivano l’intelletto e la volontà e come la seconda sia prioritaria rispetto alla prima. Cartesio nota che se io considero il mio intelletto mi accorgo subito di come esso sia infallibile, anche se limitato quantitativamente: conosce poche cose, sì, ma le conosce in maniera perfetta. Sull’altro versante, se concentro l’attenzione sulla volontà, subito mi avvedo di come essa, intesa come libertà di scelta, sia illimitata, giacchè posso volere tutto ciò che la mia mente forma: sotto questo profilo, è dunque possibile dire che "latius patet voluntas quam intellectus".
Mi posso lamentare di non aver ricevuto da Dio una volontà o libertà di arbitrio non sufficientemente ampia e perfetta; vedo infatti che non è certamente circoscritta da alcun limite. E cosa che mi sembra molto degna di nota in me non vi sono altre cose tanto perfette o tanto estese, che, a mio giudizio, non possano essere più perfette o più grandi. Se, ad esempio, considero la facoltà di comprendere, subito riconosco che essa è assai incompleta e molto limitata in me - e nello stesso tempo io mi formo l'idea di un'altra facoltà molto più grande, ed anzi assoluta ed infinita - e per il solo fatto che posso concepire l'idea di lui, comprendo che essa appartiene alla natura di Dio. Allo stesso modo, se esamino la facoltà di ricordare o di immaginare, o qualunque altra, non ne trovo nessuna, che non comprenda essere in me tenue e circoscritta, in Dio immensa.
(Descartes, Meditazioni metafisiche, IV)