Einstein, Il fine della scienza

Il fine della scienza è duplice, spiegare il maggior numero di fenomeni e usare il metodo piú semplice. Cosí le teorie devono dimostrare la piú alta unità utilizzando il numero minore di concetti. L’immagine del cruciverba.

 

A. Einstein, Pensieri degli anni difficili,  trad. it. di L. Bianchi, Boringhieri, Torino, 1974, pagg. 41-42

 

Il fine della scienza è, da una parte, la comprensione piú completa possibile della connessione fra le esperienze sensoriali nella loro totalità e, dall'altra, il raggiungimento di questo fine mediante l'uso di un numero minimo di concetti e di relazioni primarie (mirando, per quanto è possibile, all'unità logica della rappresentazione del mondo, cioè a tener ristretto il numero di elementi logici).

La scienza si occupa della totalità dei concetti primari, vale a dire dei concetti direttamente connessi con le esperienze sensoriali, e dei teoremi che li connettono. Nella sua prima fase di sviluppo, la scienza non contiene nient'altro. Il nostro pensiero quotidiano è interamente soddisfatto a questo livello. Un tale stato di cose, tuttavia, non può soddisfare uno spirito dotato di una mente realmente scientifica, poiché la totalità dei concetti e delle relazioni ottenuta in questa maniera decisamente difetta di unità logica. Al fine di sopperire a questa deficienza, si inventa un sistema piú povero di concetti e di relazioni, un sistema che conserva i concetti e le relazioni primarie del “primo livello” come concetti e relazioni derivate per via logica. Questo nuovo “sistema del secondo ordine” paga la sua piú profonda unità logica con il conservare come concetti elementari (concetti del secondo livello) soltanto concetti non piú connessi direttamente con i complessi di esperienze sensoriali. Un ulteriore sforzo verso l'unità logica ci conduce a un sistema del terzo ordine, ancor piú povero di concetti e di relazioni, per la deduzione dei concetti e delle relazioni del secondo livello (e, quindi, indirettamente del primo). Cosí la catena procede finché arriviamo al sistema dotato della piú alta unità concepibile e insieme del numero minimo possibile di concetti logici fondamentali (sempre compatibili con le osservazioni fatte mediante i nostri sensi). Noi non sappiamo se questa spinta si concreterà mai in un sistema concluso oppure no. Di fronte a una questione del genere si è inclini a rispondere negativamente. Pur lottando in continuazione con i problemi che si presentano, tuttavia non si vorrà mai rinunciare alla speranza che questo supremo fine possa essere raggiunto con un'approssimazione altissima.

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Il punto essenziale è il fine costituito dalla rappresentazione della moltitudine dei concetti e dei teoremi dedotti per via logica e facenti parte di una base, la piú ristretta possibile, di concetti e di relazioni fondamentali che possono venir scelti liberamente (assiomi). La libertà di scelta, tuttavia, è di un tipo particolare: non è affatto simile alla libertà di uno scrittore di romanzi. Essa è piuttosto simile a quella di chi è impegnato nella risoluzione di un ben congegnato cruciverba. Egli può, è vero, proporre ogni volta qualsiasi parola come soluzione; ma ogni volta è una sola parola che dà la chiave per risolvere il cruciverba in tutte le sue parti. È questione di convinzione che la natura, quale risulta percepibile dai nostri cinque sensi, abbia il carattere di un cruciverba ben congegnato. I successi ottenuti finora dalla scienza danno, in verità, un certo sostegno a questa convinzione.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. IV, pagg. 779-780