Anche se i
maghi e le fattucchiere hanno perduto, o comunque non conoscono piú il
significato profondo dei gesti e delle formule che utilizzano, questo
significato è recuperabile e comprensibile per lo studioso, che osserva quei
fenomeni come se fossero “fossili viventi”.
M. Eliade, Trattato di storia delle
religioni, trad. it. di V. Vacca, Boringhieri, Torino, 19763, pagg. 13-14
Queste osservazioni preliminari saranno capite meglio quando il problema verrà ripreso in esame da un punto di vista diverso. Il fatto che la strega brucia un’immagine di cera contenente una ciocca dei capelli della “vittima”, senza rendersi conto in modo soddisfacente della teoria presupposta dall’atto magico, non ha nessuna importanza per la comprensione della magia simpatica. L’importante per capire questa magia, è di sapere che simili atti furono possibili soltanto dal momento in cui certe persone si sono convinte (sperimentalmente) o hanno affermato (teoricamente) che le unghie, i capelli o gli oggetti portati da un qualsiasi individuo conservano la loro stretta relazione con lui dopo esserne stati separati. Simile credenza presuppone uno “spazio a rete” che colleghi gli oggetti distanti legandoli gli uni agli altri per mezzo di una simpatia retta da leggi specifiche (coesistenza organica, analogia formale o simbolica, simmetrie funzionali). Lo stregone (colui che agisce da mago) può credere all’efficacia della propria azione solo in quanto esiste un siffatto “spazio-rete”. Che conosca o no questo “spazio-rete”, che sia o no a conoscenza della “simpatia” che collega i capelli all’individuo, non ha importanza. È probabilissimo che molte fattucchiere dei nostri giorni non abbiano una rappresentazione del mondo in armonia con le pratiche magiche da loro esercitate. Però, considerate in sé, queste pratiche possono rivelarci il mondo dal quale provengono, anche se chi se ne serve non vi accede teoricamente L’universo mentale dei mondi arcaici non è giunto fino a noi in modo dialettico, nelle credenze esplicite delle persone; si è invece conservato nei miti, nei simboli, nelle costumanze che, malgrado degradazioni di ogni specie, lasciano ancora vedere chiaramente il loro senso originario. Rappresentano, in un certo senso, “fossili viventi”, e qualche volta basta un fossile solo a ricostruire il complesso organico di cui è residuo.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. V, pagg. 155-156