Mircea
Eliade (1907-1986), rumeno, celebre studioso delle religioni, dei miti e delle
ierofanie, ha sostenuto che la religione naturale non esiste, né può esistere
in quanto la natura è sacra solo nella misura in cui manifesta un significato
soprannaturale. La dimensione storica delle religioni si sviluppa poi in un
rapporto dialettico fra il sacro, che ha bisogno del profano per manifestarsi,
e il profano, che da una parte vi si oppone e dall’altra lo rivela.
In questa
lettura, dopo aver riaffermato la distinzione classica fra sacro e profano,
egli sottolinea le difficoltà enormi che lo studioso incontra nell’affrontare
il mondo del sacro per la sua grande ricchezza e complessità.
M. Eliade, Trattato di storia delle
religioni, trad. it. di V. Vacca, Boringhieri, Torino, 19763, pagg. 3-5
Tutte le definizioni del fenomeno religioso date fino a oggi hanno un tratto comune: ciascuna contrappone, a suo modo, il sacro e la vita religiosa al profano e alla vita secolare. Le difficoltà cominciano quando si vuol delimitare la sfera della nozione di “sacro”. Difficoltà di carattere teorico, ma anche pratiche, perché prima di tentare una definizione del fenomeno religioso occorre sapere da che parte bisogna ricercare i fatti religiosi, e, soprattutto, quali sono, fra questi fatti, quelli che si lasciano osservare “allo stato puro”, cioè che sono “semplici” e il piú possibile vicini alla loro origine. Simili fatti, purtroppo, non sono in alcun luogo a nostra disposizione: né nelle società di cui possiamo seguire la storia, né fra i “primitivi”, i meno civili. Quasi dappertutto, ci troviamo di fronte a fenomeni religiosi complessi, che presuppongono una lunga evoluzione storica.
D’altra parte, anche la raccolta della documentazione offre notevoli difficoltà pratiche, per due ragioni: l) anche se ci contentassimo di studiare una sola religione, la vita di un uomo sarebbe appena sufficiente per condurre a termine le ricerche; 2) a chi si propone lo studio comparato delle religioni, non basterebbero parecchie esistenze. Ora a noi interessa appunto lo studio comparato, il solo capace di rivelarci la mutevole morfologia del sacro, da una parte, e del suo divenire storico, dall’altra. Per iniziare questo studio, siamo dunque obbligati a prescegliere alcune religioni, fra quelle registrate dalla storia o rivelate dall’etnologia, e anche certuni fra i loro aspetti e le loro fasi.
Questa scelta, anche sommaria, è sempre operazione delicata. Infatti, volendo definire e delimitare il sacro, è necessario avere a disposizione una quantità sufficiente di “sacralità”, cioè di fatti sacri. L’eterogeneità di questi “fatti sacri”, conturbante all’inizio, diventa a poco a poco paralizzante. Perché si tratta di riti, miti, forme divine, oggetti sacri e venerati, simboli, cosmologie, teologumeni, uomini consacrati, animali, piante, luoghi sacri ecc. E ogni categoria ha una morfologia propria, densa, ricca e lussureggiante. Ci troviamo cosí di fronte a un materiale documentario immenso ed eteroclito; un mito cosmogonico melanesiano o un sacrificio brahmanico hanno diritto alla nostra considerazione non meno che i testi mistici di santa Teresa o di Nichiren, un totem australiano, un rito primitivo d’iniziazione, il simbolismo del tempio di Barabudur, il costume cerimoniale e la danza di uno sciamano siberiano, le pietre sacre che incontriamo un po’ dappertutto, le cerimonie agrarie, i miti e i riti della Magna Dea, l’instaurazione di un re arcaico o le superstizioni legate alle gemme ecc. Ogni documento può considerarsi una ierofania, nella misura in cui esprime a modo suo una modalità del sacro e un momento della sua storia, vale a dire un’esperienza del sacro fra le innumerevoli varietà esistenti. Ogni documento è prezioso per noi, grazie alla duplice rivelazione che compie: 1) rivela una modalità del sacro in quanto ierofania; 2) rivela, in quanto momento storico, una posizione dell’uomo rispetto al sacro.
[...]
La comprensione si compie costantemente nella cornice della storia: per il semplice fatto di aver davanti ierofanie, siamo in presenza di documenti storici; il sacro si manifesta sempre in una certa situazione storica; le esperienze mistiche, anche quelle piú personali e piú trascendenti, subiscono l’influenza del momento storico.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. V, pagg. 149-150