Eliade, Sulle ierofanie

In questa lettura Eliade tratta delle ierofanie (manifestazioni del sacro) e ne sottolinea la complessità. Ciò nonostante egli ritiene possibile arrivare ad un quadro coerente di modi di esprimersi del sacro stesso.

 

M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, trad. it. di V. Vacca, Boringhieri, Torino, 19763, pagg. 6-10

 

Queste osservazioni, ampiamente illustrate nel corso di questo libro vanno applicate all’eterogeneità delle ierofanie di cui abbiamo parlato, poiché, come si è detto, quei documenti non soltanto sono eterogenei riguardo all’origine (provenendo alcuni da sacerdoti o da iniziati, altri dalle masse; gli uni presentano soltanto allusioni, frammenti e dicerie; gli altri, testi originali ecc.), ma sono eterogenei anche nella loro stessa struttura. Per esempio, le ierofanie vegetali (cioè il sacro rivelato per mezzo della vegetazione) si ritrovano tanto nei simboli (Albero Cosmico) o nei miti metafisici (Albero della Vita), quanto nei riti popolari (la “Passeggiata del Maggio”, la combustione del ciocco, i riti agrari), nelle credenze collegate all’idea di origine vegetale del genere umano, nelle relazioni mistiche fra certi alberi e certe persone o società umane, nelle superstizioni intorno alla fecondazione per mezzo di frutti o di fiori, nei racconti ove gli eroi uccisi a tradimento si trasformano in piante, nei miti e nei riti delle divinità della vegetazione e dell’agricoltura ecc. Questi documenti non differiscono soltanto nella loro storia (confrontare, per esempio, il simbolo dell’Albero Cosmico presso gli Indiani e presso gli Altaici, con le credenze di certe popolazioni primitive, circa la discendenza del genere umano da una specie vegetale), differiscono anche per la loro stessa struttura. Quali documenti dobbiamo prendere a modello, per capire le ierofanie vegetali? I simboli, i miti, i riti, o le “forme divine”?

Il metodo piú sicuro, evidentemente, è quello che considera e utilizza tutti questi documenti eterogenei, senza escludere nessun tipo importante, e nello stesso tempo pone la questione dei contenuti rivelati da tutte le ierofanie. Otterremo cosí un insieme coerente di tratti comuni, che, come vedremo piú oltre, permettono di organizzare un sistema coerente di modalità della sacralità vegetale. Potremo cosí notare che ciascuna ierofania presuppone questo sistema; che un’usanza popolare in relazione con la “passeggiata cerimoniale del Maggio” implica la sacralità vegetale formulata nell’ideogramma dell’Albero Cosmico; che certe ierofanie non sono abbastanza “aperte”, sono quasi “criptiche”, nel senso che rivelano soltanto in parte e in modo piú o meno cifrato la sacralità incorporata o simboleggiata dalla vegetazione, mentre altre ierofanie realmente “faniche” lasciano trasparire, nel loro insieme, le modalità del sacro. Per esempio, potremmo considerare come ierofania criptica, non sufficientemente “aperta”, o “locale”, l’usanza di portare in giro cerimonialmente un ramo verde all’inizio della primavera; e come ierofania “trasparente” il simbolo dell’Albero Cosmico. Ma l’una e l’altra rivelano la stessa modalità del sacro incorporato nella vegetazione: la rigenerazione ritmica, la vita inesauribile concentrata nella vegetazione, la realtà in una creazione periodica ecc. Il fatto da porre in rilievo fin d’ora è che tutte le ierofanie portano a un sistema di affermazioni coerenti, a una teoria della sacralità vegetale, e che questa teoria è implicita nelle ierofanie e insufficientemente “aperte” non meno che nelle altre.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. V, pagg. 154-155