Dopo aver
affermato che la storia è soprattutto “storia dell’uomo”, Engels osserva che
“sussiste ancora una colossale sproporzione fra le mete prefissate e i
risultati raggiunti”.
F. Engels, Dialettica della natura
Con l’uomo noi entriamo nella storia. Anche gli animali hanno una storia: quella della loro discendenza e graduale evoluzione fino al loro stato attuale. Ma questa storia si compie da sé: e nella misura in cui gli animali stessi vi partecipano, lo fanno senza consapevolezza e volontà. Gli uomini, al contrario, quanto piú si allontanano dall’animalità intesa nel senso ristretto della parola, tanto piú fanno essi stessi la loro storia, consapevolmente; tanto minore diviene l’influsso su tale storia di fatti imprevisti e di forze incontrollate, tanto piú esattamente il risultato storico corrisponde allo scopo prestabilito. Ma se noi applichiamo questo criterio alla società umana, anche a quella dei popoli piú evoluti nel presente, troviamo che in essa sussiste ancora una colossale sproporzione fra le mete prefissate e i risultati raggiunti; che i fatti impreveduti predominano, che le forze incontrollate sono molto piú potenti di quelle messe in movimento secondo un piano. E non può essere altrimenti, finché l’attività storica piú essenziale degli uomini, quell’attività che ha sollevato l’uomo dall’animalità all’umanità e che costituisce la base materiale di tutte le sue altre attività: la produzione di ciò che è necessario per vivere (il che significa oggi la produzione sociale), resta soggetta all’alterno gioco di influenze imprevedute di forze incontrollate e realizza solo eccezionalmente l’obiettivo voluto, molto piú spesso invece esattamente l’opposto: Nei paesi industriali piú progrediti noi abbiamo domato le forze naturali e le abbiamo costrette al servizio degli uomini; abbiamo cosí moltiplicato all’infinito la produzione, tanto che un fanciullo oggi produce piú di quello che producevano ieri cento adulti. E quali sono i risultati? Crescente sopralavoro e miseria crescente delle masse, e una grande crisi ogni dieci anni. Darwin non sapeva quale amara satira scrivesse sugli uomini, ed in particolare sui suoi compatrioti, quando dimostrava che la libera concorrenza, la lotta per l’esistenza, che gli economisti esaltano come il piú alto prodotto storico, sono lo stato normale del regno animale. Solo un’organizzazione cosciente della produzione sociale nella quale si produce e si ripartisce secondo un piano può sollevare gli uomini al di sopra del restante mondo animale sotto l’aspetto sociale di tanto, quanto la produzione in generale lo ha fatto per l’uomo come specie. L’evoluzione storica rende ogni giorno piú indispensabile, ma anche ogni giorno piú realizzabile una tale organizzazione. Essa segnerà la data iniziale di una nuova epoca storica nella quale l’umanità stessa, e con essa tutti i rami della sua attività, in particolare la scienza della natura, prenderanno uno slancio tale da lasciare in una profonda ombra tutto ciò che c’è stato prima.
F. Engels, Dialettica della natura,
Editori Riuniti, Roma, 19713, pagg. 50-51