Epicuro, Atomi e aggregati nell’illimitato

Epicuro deduce l’infinità dell’universo dal fatto che se questo fosse finito, lo sarebbe in rapporto a qualcosa d’altro. E deduce l’infinità del numero degli atomi dal fatto che se questi vagassero, finiti nel numero, in un universo infinito, non si incontrerebbero e aggregherebbero.

 

Epistola a Erodoto, 40-42

 

1      [...] Eppoi dei corpi alcuni sono aggregati, altri componenti degli aggregati. Questi sono indivisibili e immutabili, dato che tutto non deve distruggersi nel nulla, ma permanere essi saldi nella dissoluzione degli aggregati, avendo natura compatta, né esistendo dove o come possano essere distrutti. Per cui è necessario che i princípi costitutivi dei corpi siano indivisibili.

2      Oltre a ciò il tutto è infinito, poiché ciò che è finito ha un estremo, e l’estremo si può scorgere rispetto a qualcos’altro; ma il tutto non si può scorgere rispetto a qualcos’altro; di modo che non avendo estremo non ha nemmeno limite, e ciò che non ha limite è illimitato, non delimitato.

3      E anche per la quantità dei corpi e per l’estensione del vuoto il tutto è infinito. Se infatti il vuoto fosse infinito e i corpi finiti, questi non potrebbero rimanere in alcun luogo, ma vagherebbero per l’infinito vuoto, sparsi qua e là, non sostenuti né mossi da altri corpi nei rimbalzi; se poi fosse finito il vuoto, i corpi infiniti non avrebbero dove stare. [...]

 

(Epicuro, Opere, Einaudi, Torino, 1970, pagg. 23-24)