Eraclito il superbo, Eraclito
l’oscuro. “Fu superbo piú che alcun altro e altamente sentí di sé”: cosí lo
presenta Diogene Laerzio. Eraclito coglie nelle cose un Lógos che non spiega le
contraddizioni, gli opposti, la lotta, il divenire, standone al di fuori, ma
standone all’interno, perché è esso stesso la legge del divenire (il famoso pánta
reî), che si evidenzia nella sua ciclicità, di cui vita e morte sono
entrambe parti essenziali. Per questo l’immagine piú efficace è quella del
fuoco, che è entità, cosa, e, nello stesso tempo, un indefesso “processo di
trasformazione”. Eraclito è il filosofo della simbiosi fra Essere e divenire.
Dei suoi scritti – come per quelli degli altri filosofi di questo periodo –
rimane solo una serie di frammenti, dei quali alcuni di difficile
interpretazione.
I frammenti vengono presentati con la
numerazione DK; quando utilizziamo la traduzione di G. Colli lo indichiamo in
parentesi quadra unitamente alla numerazione corrispondente all’ordine da lui
scelto nella pubblicazione dei frammenti di Eraclito.
Il Lógos
Frr. 22 B 52, 108, 1, 30, 50, 51, 53, 54, 60 DK (fonti
diverse)
Fr. B 52 (Ippolito, Refutatio
contra omnes haereses, IX, 9, 4)
La vita è un fanciullo che gioca, che sposta i pezzi della
scacchiera: reggimento di un fanciullo [trad. Colli, A 18]
Fr. B 108 (Stobeo, Florilegio,
III, 1, 74)
Nessuno, fra tutti coloro le cui espressioni ho
ascoltato, si è spinto fino a questo: riconoscere che la sapienza è separata da
tutte le cose [trad. Colli, A 17]
Fr. B 1 (Sesto Empirico, Contro i
matematici, 7, 132)
Di questo lógos che è sempre gli uomini non hanno
intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato;
benché infatti tutte le cose accadano secondo questo lógos, essi
assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole e in opere tali
quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e
dicendo com’è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo
stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo.
Fr. B 30 (Clemente Alessandrino, Stromata,
V, 104, 2)
Quest’ordine universale, che è lo stesso per tutti, non
lo fece alcuno tra gli dèi o tra gli uomini, ma sempre era è e sarà fuoco
sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura.
Fr. B 50 (Ippolito, Refutatio
contra omnes haereses, IX, 9, 1)
Eraclito dunque dice che il tutto è divisibile
indivisibile, generato ingenerato, mortale immortale, eterno lógos,
padre figlio, dio giusto: “Ascoltando non me, ma il lógos, è saggio
convenire che tutto è uno”.
Fr. B 51 (Ippolito, Refutatio
contra omnes haereses, IX, 9, 2)
E quanto al fatto che non tutti sanno questo né su
questo convengono, egli lo riprova con queste parole: “Non comprendono come, pur
discordando in se stesso, è concorde: armonia contrastante, come quella
dell’arco e della lira”.
Fr. B 53 (Ippolito, Refutatio
contra omnes haereses, IX, 9, 4)
Pólemos [la guerra] è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela
come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.
Fr. B 54 (Ippolito, Refutatio
contra omnes haereses, IX, 9, 5)
L’armonia nascosta vale piú di quella che appare.
Fr. B 60 (Ippolito, Refutatio
contra omnes haereses, IX, 10, 4)
La strada all’in su e all’in giú è una sola e la
medesima [trad. Colli, A 33]
(I Presocratici, Laterza, Bari, 19904, pagg. 194, 202, 208-209 e G. Colli,
La sapienza greca, vol. III,
Adelphi, Milano, 1993, pagg. 33, 34, 49)
Il “divenire”
Frr. A 128 Colli, A129 Colli, 22 B 6, 88, 91, 126, A 6
DK (fonti diverse)
Fr A 128 Colli (Aristotele, Metafisica,
1012a, 25-28)
E il discorso di Eraclito, secondo cui tutte le cose
sono e non sono, pare le che le renda vere tutte quante.
Fr. A 129 Colli (Aristotele, Metafisica,
1012a, 24-26)
È impossibile invero, per chicchessia, essere convinto
che la stessa cosa sia e non sia, proprio come alcuni ritengono che dica
Eraclito.
Fr. B 6 (Aristotele, Meteorologica,
355a, 13-14)
Il Sole è giovane ogni giorno [trad. Colli, A 89]
Fr. B 88 (Plutarco, Consolazione
per Apollonio, 10)
E dentro di noi è presente un’identica cosa: vivente e
morto, e lo sveglio e il dormiente, e giovane e vecchio: di fatti queste cose,
una volta rovesciate, sono quelle, e quelle dal canto loro, una volta rovesciate,
sono queste [trad. Colli, A 115]
Fr. B 91 (Plutarco, Sull’E di Delfi,
18, 392 b)
Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte
secondo Eraclito né toccare due volte una sostanza mortale nello stesso stato.
Ma per l’impeto e la velocità del mutamento “si allenta e di nuovo si
raccoglie” (piuttosto non si dovrebbe dire né di nuovo né dopo, ma insieme si
concentra e si allenta) “si avvicina e si allontana”.
Fr. B 126 (Tzetze, Scolii
all’Esegesi dell’Iliade, I 1, 126)
Le cose fredde si riscaldano, il caldo si raffredda,
l’umido si dissecca, il riarso si inumidisce [trad. Colli, A108]
Fr A 6 (Platone, Cratilo, 402
a)
Afferma Eraclito in qualche luogo che tutto scorre (pánta
choreî) e nulla permane (oudèn ménei).
(I Presocratici, Laterza, Bari, 19904, pag. 215 e G. Colli, La sapienza
greca , vol. III, Adelphi, Milano, 1993, pagg. 89, 101, 105, 119)