Erasmo, La Pazzia presenta se stessa

L'opera piú celebre di Erasmo costituisce un gioco raffinato, ma pericoloso: essa, infatti, rappresenta anche una critica severa alla società del tempo. La Pazzia si presenta come liberatrice dalle preoccupazioni.

 

Erasmo, Elogio della Pazzia, Parla la pazzia, I-II

 

Comunque di me parlino i mortali comunemente (e non ignoro quanto cattiva fama abbia la pazzia fra i piú pazzi), tuttavia io, io sola, dico, rassereno col mio influsso uomini e dèi. E la prova piú convincente si è che, appena venuta qua innanzi, fra questa numerosa assemblea, tutte le facce si sono d'improvviso rischiarate di nuova e insolita letizia, e avete subito spianato la fronte, applaudendo con tale un sorriso di gioia incantevole, che quanti io contemplo qui presenti, siete tutti briachi, mi pare, come gli dèi di Omero, di nettare e nepente insieme... e prima ve ne stavate seduti tristi e preoccupati, come se foste da poco usciti dall'antro di Trofonio. E come avviene che, appena il sole ha mostrato alla terra la sua bella faccia tutta d'oro, o come quando, dopo un aspro inverno, di nuovo, a primavera, soffia la carezza di zefiro, tutto lí per lí cambia aspetto e un nuovo colore e come una nuova giovinezza ritorna, cosí voi, vistami appena, avete preso immediatamente un altro aspetto. Ciò che grandi oratori possono a stento produrre con discorsi lunghi e lungamente meditati, io, con la mia sola presenza, l'ho ottenuto in un momento: avete cacciato via il tormento delle preoccupazioni.

Per qual motivo io sia venuta innanzi a voi in questa insolita acconciatura, lo sentirete fra breve, se non vi è grave prestar orecchio alle mie parole. Non certo come lo porgevate ai predicatori sacri, ma piuttosto come facevate con i ciarlatani di piazza, con gli scrocconi e con i buffoni [...]. Mi piacerebbe con voi fare un po' il sofista, non però di quella razza che oggi inculca nei ragazzetti quisquilie da togliere il fiato comunicando loro una ostinazione a disputare peggio delle femmine; ma imiterò quegli antichi che, pur di evitare il nome malfamato di sapienti, preferiscono dieci sofisti. L'occupazione di costoro consisteva nel celebrare con i loro elogi gli dèi e gli eroi. Sentirete dunque l'elogio, non già di Ercole o di Solone, ma di me in persona, la Pazzia.

 

(Erasmo da Rotterdam, Elogio della Pazzia, a cura di T. Fiore, Einaudi, Torino, 19807, pagg. 11-12)