Il primo
libro degli Elementi
di Euclide si apre con tre sezioni brevi, eppure di grande rilievo non solo sul
piano matematico, ma anche su quello filosofico: Definizioni, Postulati
e Nozioni comuni. Le definizioni sono indicate da Euclide con la
parola óroi, cioè “termini”, proprio nel senso di “linea o segno di
confine”; le trentatré definizioni di Euclide costituiscono veri e propri
paletti di confine che delimitano il territorio all’interno del quale si muove
l’intero discorso euclideo: la scienza degli elementi vale laddove per punto si
intende “Ciò che non ha parti” (Definizione I) e si concorda che
“Superficie è ciò che ha soltanto lunghezza e larghezza” (Definizione V),
e cosí via per tutti gli enti geometrici. I postulati (aitémata)
sono proposizioni “primitive” che si riferiscono agli enti geometrici: la
parola postulato traduce letteralmente il greco aitématon (=
“richiesta”) attraverso il latino postulatum (dal verbo postulo =
“richiedo”). Si tratta di affermazioni certe di per sé – “richieste” dal
ragionamento scientifico per poter essere svolto attraverso dimostrazioni
logiche coerenti –, evidenti, ma non dimostrabili: se i termini segnano
il confine del territorio, i postulati costituiscono le fondamenta di
tutto l’edificio del sapere matematico. Le nozioni comuni (koinaì
énnoiai) indicano ciò che di solito viene definito come “assiomi”, cioè
proposizioni “primitive” che hanno una validità non solo nel campo del sapere
matematico, ma anche in quello di altre forme di conoscenza – sono cioè comuni
a diverse scienze –: la prima, ad esempio, afferma che “Cose che sono uguali a
una stessa cosa sono uguali anche fra loro”, oppure “Il tutto è maggiore della
parte” (VIII). Nella costruzione di una scienza le “nozioni comuni”
svolgono la stessa funzione dei “postulati”: infatti, nel linguaggio moderno è
venuta meno la distinzione fra “postulati” e “nozioni comuni”, e si indicano
entrambi come “postulati” o, piú correttamente, come “assiomi”.
Dal punto di
vista filosofico deve essere sottolineato proprio l’uso dei postulati (o assiomi) come
fondamento di tutte le dimostrazioni e, quindi, della conoscenza: essi non sono
né il frutto di una ricerca che porta a “svelare” una verità nascosta, né il
patrimonio innato della mente dell’uomo, bensí il “rivelarsi” all’uomo di una
verità indimostrabile, ma di per sé evidente; i princípi della matematica sono
il modo in cui l’Essere si mostra agli uomini. Non deve quindi meravigliare il
carattere sacro che la matematica aveva assunto nell’antica sapienza
greca, in particolare nei circoli pitagorici, e il fatto che la matematica
venga indicata anche da Galileo come linguaggio divino, che ha dignità
pari – e, per certi aspetti, maggiore – al linguaggio della rivelazione nella Sacra
Scrittura.
Euclide, Elementi, I
Risulti postulato:
I. Che
si possa condurre una retta da un qualsiasi punto ad ogni altro punto.
II. E
che una retta terminata (= finita) si possa prolungare continuamente in linea
retta.
III. E
che si possa descriver un cerchio con qualsiasi centro ed ogni distanza (=
raggio).
IV.
E che tutti gli angoli retti siano uguali fra loro.
V. E
che, se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e
dalla stessa parte minori di due retti (= tali che la loro somma sia minore di
due retti), le due rette prolungate illimitatamente verranno ad incontrarsi da
quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti.
(Euclide, Gli elementi, UTET, Torino,
1970, pag. 71)