Fichte vede nella strada
intrapresa dalla Rivoluzione Francese nel campo del diritto il fine stesso a
cui tende tutta l’umanità fino alla definitiva scomparsa della forma-Stato in
quanto non piú necessaria. Dopo aver osservato che questo probabilmente non
avverrà mai del tutto, Fichte termina con toni messianici che riecheggiano le
idee di Gioacchino da Fiore [monaco medievale, teorizzava, dopo quella del
Padre e del Figlio, un’età dello Spirito, nella quale si sarebbero realizzate
tutte le istanze di liberazione dell’uomo].
J. G. Fichte, Contributi per
rettificare il giudizio del pubblico sulla Rivoluzione francese
È dunque dimostrato che, se
veramente la cultura in vista della libertà è l’unico fine supremo dell’associazione
statale, tutte le costituzioni politiche, che come fine ultimo hanno lo scopo
direttamente opposto, e cioè la schiavitú di tutti e la libertà di uno solo, la
cultura di tutti per gli scopi di quest’uno, e l’impedimento di tutte le specie
di cultura che conducono alla libertà di molti, non solo sono passibili di
mutamento, ma debbono anche essere realmente mutate; e noi siamo ora alla
seconda parte della domanda: se fosse data una costituzione politica che
manifestamente si proponesse questo fine coi mezzi piú sicuri, non sarebbe essa
assolutamente immutabile?
Se veramente fossero scelti mezzi
convenienti l’umanità si avvicinerebbe allora a poco a poco al suo grande fine:
ciascun membro di essa diverrebbe sempre piú libero, e l’uso di quei mezzi, di
cui fossero già raggiunti gli scopi, verrebbe a cessare. Se mai il fine ultimo
potesse essere completamente raggiunto, non sarebbe allora piú necessaria
alcuna costituzione politica; la macchina si fermerebbe perché nessuna
pressione si eserciterebbe piú su di essa. La legge della ragione universale
valevole unirebbe tutti nella piú completa unanimità di sentimenti, e
nessun’altra legge avrebbe piú a vegliare sulle loro azioni. Nessuna norma
avrebbe piú a determinare quanto dei propri diritti ciascuno dovrebbe
sacrificare alla società, poiché nessuno esigerebbe di piú di quello che è
necessario, e nessuno darebbe di meno; nessun giudice avrebbe piú da dirimere
le loro controversie poiché essi sarebbero sempre stati concordi.
[...]
L’umanità ha necessariamente e
deve avere ed avrà un solo fine ultimo, e i diversi scopi che i diversi
individui si propongono per raggiungerlo, non solo si accorderanno, ma anche si
faciliteranno e si sosterranno a vicenda. Non lasciatevi guastare questa
prospettiva consolante dall’avverso pensiero che ciò non si realizzerà mai.
Certo, non si realizzerà mai del tutto; ma non è soltanto un dolce sogno, non
soltanto un’illusoria speranza, ché il suo sicuro fondamento riposa sul
necessario progresso dell’umanità: la quale deve avvicinarsi, si avvicinerà e
non può non avvicinarsi al questo scopo. Essa ha finalmente iniziato sotto ai
vostri occhi ad aprirsi una breccia; ha compiuto, in una dura lotta contro la
corruzione congiurata ai suoi danni, e che mobilita contro di essa tutte le
forze che aveva in sé e fuori di sé, qualcosa che almeno è migliore delle
vostre costituzioni dispotiche miranti alla degradazione dell’umanità.
[...]
O Gesú e Lutero, sacri geni
tutelari della libertà, voi che, nei giorni della vostra umiliazione, con forza
da giganti vi precipitaste sulle catene dell’umanità e le infrangeste dovunque
poneste mano, dalle alte sfere guardate giú alla vostra posterità, e
rallegratevi della messe già cresciuta e ondeggiante al vento; presto si unirà
a voi il terzo, che compí la vostra opera, che infranse le ultime e piú forti
catene dell’umanità, senza che essa, senza che forse egli stesso lo sapesse.
Noi lo piangeremo, ma voi gli mostrerete lietamente il posto che lo attende
nella vostra compagnia, e l’epoca che lo comprenderà e lo metterà in luce vi
ringrazierà.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol.
XVII, pagg. 905-907