Pio Filippani–Ronconi, professore di Religioni e
filosofia dell’India presso l’Istituto universitario orientale di Napoli, è uno
dei piú importati studiosi contemporanei della cultura indiana. In queste poche
righe riesce a tracciare un quadro chiaro ed esauriente delle caratteristiche
essenziali del buddismo.
L’apparizione del buddismo costituisce una tappa fondamentale
nell’evoluzione dello spirito umano, non tanto per il contenuto specifico della
sua dottrina, il Dhamma, quanto per il fatto che attraverso il messaggio
del Buddha, l’esigenza della Liberazione, la mukti o il moksa
della tradizione pan-indiana, viene per la prima volta definito nei termini di
un pensiero logico e razionale e non di una rivelazione di genere mistico.
Trascurando le ispirazioni divine che in precedenti epoche avevano additato
all’uomo la via per una interiore resurrezione, il buddismo adatta alle
esigenze di un pensiero puramente logico e umano la grande avventura dello
spirito, consistente nell’emancipazione dell’uomo dalla permanenza nel ciclo
delle ripetute esistenze esistenti, ognuna delle quali condizionata dal
“frutto” delle azioni compiute nell’esistenza precedente, la cosiddetta Legge
del karman. Secondo questa, in una ruota senza fine l’uomo comune migra
di esistenza in esistenza con il viatico delle azioni compiute nella vita
precedente che, secondo bene o secondo male, determinano sin dal principio le
fattezze della vita da compiere e lo scenario in cui questa si svolgerà: vita e
scenario di per sé illusori, in quanto condizionati dalle trascorse brame,
volizioni, pensieri e azioni dell’individuo, che a sua volta torna a
identificarsi alle medesime passioni, paure e ripugnanze innate, che
determinano la direzione della vita presente e, in ultima analisi, il genere
della nascita futura, finché la Liberazione non intervenga a smagliare questa
catena esistenziale fatta di dolore e di ignoranza. Lungo il cammino della
Liberazione, che il buddismo chiamerà la “Via mediana”, o “Sentiero di Mezzo”,
perché egualmente distante dalle esagerazioni dell’ascetismo fanatico come da
quelle di una vita rivolta alla ricerca del piacere, l’uomo si libera
gradualmente dall’illusione (maya) circa la realtà del mondo e circa la
sua personalità contingente: quello gli appare come una successione di
“accadimenti”, l’un dall’altro determinati, e non di solide realtà, questa gli
si rivela come un fascio di percezioni, sensazioni, volizioni e impulsi innati,
cui egli attribuisce erratamente il carattere dell’“io sono” quale supporto di
una vita cosciente di relazione, che in realtà si manifesta come quel divenire
doloroso e affannoso, fatto realmente di nulla, di cui è tessuta questa
perpetua vicenda del nascere-vivere-morire-rinascere, che gli Indiani
denominano, appunto, samsara, il “flusso”, il perpetuo scorrere.
(P. Filippani-Ronconi, Introduzione
a Buddha, Aforismi e discorsi, Newton Compton, Roma, 1994, pagg. 7-8)