Galiani, In difesa del lusso

Ferdinando Galiani cerca di liberare l'analisi economica da implicazioni e vincoli di tipo morale: il lusso perde ai suoi occhi ogni valenza negativa - e ancor piú le caratteristiche del peccato - per diventare indice del benessere di uno stato che vive in pace.

 

F. Galiani, Della moneta, libro IV - Del corso della moneta, Digressione intorno al lusso considerato generalmente

 

Orrore contro il lusso. Hanno tutti gli uomini una avversione contro certe voci, l'idea corrispondente alle quali è cosí oscura e diversa, che pare la parola e non la cosa essere con tanto consentimento universale biasimata. Ma ciò che fa piú meraviglia a' savi è il vedere che queste odiate cose son credute essere radicate in tutti, o quasi tutti coloro che le abborriscono. Non entrerò qui ad enumerar tutte le voci ch'io credo essere di tal natura; poiché non potrei nominarne alcuna senza dover dimostrare che tale ella sia, o soggiacere al pericolo d'esserne riputato folle e stravagante. Ne nominerò ciò nondimeno una sola; ed è la voce politica, la quale ognuno nella condotta della sua vita bramerebbe avere; e nell'istesso tempo la biasima come nemica all'innocenza e alla virtú, senza arrischiarsi però a diffinirla mai. Simile a costei è la voce lusso. Si dice ch'ei sia dannoso e brutto; lo vietano i maestri del costume; lo deplorano gli storici, e piú anche gli oratori e i poeti; lo deridono i comici; l'odiano le leggi; si riprende nelle private conversazioni; e intanto n'è pieno il mondo: tutte le nazioni e tutti i secoli, fuorché i barbari e ferini, lo hanno avuto; né alcuno sa, né alcuno s'arrischia a dire che cosa si dica, erra d'intorno a noi, non mai nel suo vero aspetto veduto, né mai efficacemente, o forse non mai di vero cuore percosso.

Sua vera idea. Ma chiunque egli sia, certo è ch'egli è il figliuolo della pace, del buon governo, e della perfezione delle arti utili alla società; fratello perciò alla terrena felicità: poiché il lusso altro esser non può che l'introduzione di que' mestieri, e lo spaccio di quelle merci che sono di piacere, non di bisogno assoluto alla vita. Non può perciò nascere il lusso se non quando le arti necessarie sono a sufficienza di operai provedute: e ciò accade in due modi, o quando la popolazione s'aumenta, e la popolazione vien dalla pace e dalle buone leggi; o quando si perfezionano le arti, che non è altro che la scoperta di nuove vie onde si possa compiere una manifattura con meno gente, o (che è lo stesso) in minor tempo di prima. Allora restano disoccupati molti: e costoro per non morir di fame si volgono a soddisfare gli uomini con lavor'i men necessari; ed ecco il lusso.

Danni veri del lusso. È bensí vero che il lusso è l'infallibile indizio sempre, e l'avviso della vicina decadenza d'uno stato: ma lo è non altrimenti che l'ingiallir delle spighe è segno del vicino diseccamento. Indizio di declinazione, ma pur tanto aspettato e bramato, e per cui tanti sudori eransi sparsi, tante cure prese, tanti travagli sofferti. Indizio che nella bella stagione apparisce, e colla letizia universale è sempre congiunto. Verde e fresca è la pianta, ma infruttifera in mezzo alle tempeste del verno. Si dissecca quando ci ha de' suoi frutti arricchiti. Cosí i regni e gl'imperi, nobili piante dell'augusto giardino di Dio, sono di forza e di feroce vigore ripieni nel crescere tra le guerre e le interne discordie. Ma quando col valore dell'armi e colla prudenza delle leggi sono ridotti in pace ed opulenza, non essendo concesso loro in un medesimo stato lungamente fermarsi, cominciano le ricchezze e il lusso a corrompergli: e tornatavi la servitú, tutta la folla de' mali, che nella schiavitú hanno il loro capo, veggonvisi tornare: e cosí dal disordine all'ordine, e dall'ordine al disordine perpetuamente si viene. Tanto è dunque volere impedire il lusso nella prosperità, quanto il voler che nella state le biade per tanto tempo culte non fruttifichino, o che dopo il frutto si serbino verdi ancora.

Sono senza rimedio, per essere effetti della prosperità. Non è dunque da applaudire il lusso, e lodarlo come origine d'ogni bene. Egli è effetto, e non cagione del buon governo: a lui va dietro, ed è spesso il corruttore e l'inimico suo. Ma né anche è da maledirsi tanto come si fa; poiché può ridursi ad esser tale che non sia molto nocivo, facendo consumar dal lusso le industrie de' concittadini, non quelle degli stranieri. Evitato questo male, gli altri tutti, che si declamano tanto, non sono tali. Se pel lusso le famiglie nobili s'impoveriscono e s'estinguono, le popolari si moltiplicano e si sollevano. Una sola differenza v'è, che le antiche famiglie essendo sorte in tempi feroci, non hanno altra origine che fra l'armi, né altre ricchezze di quelle che la rapacità, le guerre e le discordie dettero loro. Le nuove coll'industria in seno alla pace ne' secoli di lusso si sono ingrandite: delle quali maniere di crescere, quale sia migliore è facile a definire. Ma essendo a' poeti ed agli oratori piaciuto render gloriosa la militare barbarie chiamandola virtú, e dichiarare ignobile l'industria mercantile, gli uomini prezzano piú quella via d'arricchire, che questa: di che non mi meraviglio. Mi meraviglio bene che molti maestri del costume, non avvertendo che si lasciano dall'error comune trasportare, gridino sí forte contro al lusso, prendendo tanta cura della conservazione di quelle famiglie che spesso ad altro non servono che come monumenti illustri della infelicità de' secoli passati. Il principe essendo padre comune non ha da nutrir simiglianti riguardi; e fuorché le ricchezze dentro allo stato restino, e pacificamente da uno ad un altro trapassino, di piú non dee curare. é certo che oggi che il mondo è pieno d'abitatori, uno non può arricchire senza che altri impoverisca: e chi potesse quasi dal cielo sopra tutta la terra guardare, troverebbe quel Cinese, o Giapponese, sopra di cui si sarà un Europeo arricchito. E questa varietà è tra l'arricchir coll'armi o coll'industria; che l'armi spogliano que' popoli convicini, che poi sudditi ed amici ci saranno. Il commercio succhia il sangue anche a' piú lontani; meno gloriosamente sí, ma con piú comodità. Avvertano perciò i principi a non lasciar predare i loro sudditi dal lusso delle merci straniere; anzi che, per quanto si può, su i popoli sontuosi ed infingardi, o per meglio dire mal governati s'arricchiscano, e poi ad altro non pensi: che l'industrioso per legge di natura si farà sempre premiare per le sue fatiche; il pigro si lascerà sempre battere e impoverire.

Eccezioni alle cose sopradette. Ciò che ho detto s'intende tutto del lusso generalmente riguardato; poiché ve ne son molti particolarmente cattivi. Tale è quello che ritiene molte persone oziose ed inutili; quello che scema a' poveri l'elemosine; quello che ha con sé congiunta l'impuntualità de' debitori. Difetti tutti meritamente ripresi e corretti: ma il parlar d'ognuno di questi mi menerebbe in lungo, e fuori dal proposito mio.

 

(Opere di F. Galiani, in La letteratura italiana. Storia e testi, vol. 46, “Gli illuministi italiani”, tomo VI, Ricciardi, Milano-Napoli, 1975, pagg. 211-213)