Il padre
gesuita Orazio Grassi, membro del Collegio Romano e architetto della chiesa di
S. Ignazio a Roma, è l’autore di un’opera dal titolo Disputatio astronomica, pubblicata con lo
pseudonimo di Lotario Sarsi. In quest’opera egli polemizza con Galilei,
contrapponendogli fra l’altro anche l’autorità degli antichi. Galilei risponde
con l’opera Il saggiatore, in cui rifiuta il principium auctoritatis
per quanto riguarda la philosophia naturalis. Egli si raffigura la natura
come un grande libro. Ma per leggerlo
bisogna intenderne la lingua. E la lingua della natura è la matematica.
G. Galilei, Il
Saggiatore
Parmi, oltre
a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario
appoggiarsi all’opinioni di qualche celebre autore, si che la mente nostra,
quando non si maritasse col discorso d’un altro, ne dovesse in tutto rimanere
sterile ed infeconda; e forse stima che la filosofia sia un libro e una
fantasia d’un uomo, come l’Iliade e l’Orlando Furioso, libri ne’ quali la meno
importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero. Signor Sarsi, la cosa
non istà cosí. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si
può intendere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i
caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i
caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali
mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi
vanamente per un oscuro laberinto.
G. Galilei, La prosa, Sansoni, Firenze, 1978, pag. 261