Pur non
negando le differenze di fondo, Garaudy mette in evidenza anche alcune affinità
spirituali fra i marxisti e i cristiani.
R. Garaudy, Dall’anatema al dialogo
Il marxista si pone gli stessi problemi del Cristiano, è sollecitato dalla stessa esigenza, vive nella stessa tensione verso l’avvenire, ma precisamente non si crede autorizzato – perché il marxismo è filosofia critica e non dogmatica – a trasformare la domanda in risposta, la sua esigenza in presenza. “Spirito sempre attivo, come ti sento!” – scriveva Goethe, e il marxismo, nella sua ispirazione faustiana e fichtiana, non cede alla tentazione di affermare dietro l’atto un essere che ne è la sorgente. La mia sete non dimostra la sorgente. L’infinito è per il marxista un’assenza e un’esigenza, per il Cristiano una promessa e una presenza.
Vi è qui incontestabilmente una divergenza tra la concezione prometeica della libertà, che è creazione, e la concezione cristiana, che è grazia e consenso.
Per un Cristiano la trascendenza è l’atto di Dio che viene verso di lui e lo chiama. Per un marxista è una dimensione dell’atto dell’uomo che si supera verso il suo essere lontano: il superamento della natura in cultura.
C. Panciarola, Filosofia e politica nel
pensiero francese del dopoguerra, Loescher, Torino, 1979, pag. 202