Garaudy, Sul materialismo di Marx

Roger Garaudy, nato nel 1913, esponente del Partito Comunista Francese dal 1933, spesso polemico con il diamat staliniano dominante all’interno del partito, fu protagonista fin dagli anni sessanta di una forte denuncia dell’oppressione esistente nei paesi comunisti e di un tentativo di dialogo con i cattolici sulla base dei valori morali e della difesa della persona, che gli valse l’espulsione dal partito per “revisionismo di destra” nel 1970. Ultimamente si è convertito all’islamismo. In questo brano egli distingue il materialismo di Marx dal “materialismo metafisico” che lo aveva preceduto.

 

R. Garaudy, Dall’anatema al dialogo

 

La maggior parte dei malintesi teorici tra Cristiani e marxisti viene da una grande confusione sul termine stesso di “materialismo”.

Ciò che distingue il marxismo da tutte le forme anteriori di materialismo, è che esso assume come punto di partenza l’atto creatore dell’uomo.

Nelle Tesi su Feuerbach Marx sottolinea questa differenza radicale: “il principale errore di ogni materialismo passato... è che l’oggetto, la realtà, il mondo sensibile sono visti solo sotto la forma di oggetto o d’intuizione ma non in quanto attività umana concreta, in quanto pratica, in modo soggettivo”.

È degno di nota che in questo testo, generalmente considerato – e a buon diritto – come l’atto di nascita della filosofia marxista, sette tesi su undici sono direttamente consacrate a cogliere i diversi aspetti di questo atto creatore dell’uomo: l’aspetto attivo della conoscenza; il criterio della prassi, solo criterio di verità; il compito della filosofia definito come impegno di trasformare il mondo...

Discepoli superficiali o avversari troppo frettolosi o mal intenzionati hanno spesso misconosciuto ciò che fu l’originalità del materialismo di Marx. Gli avversari l’assimilarono piú o meno al materialismo metafisico e lo definirono secondo una formula tanto diffusa quanto falsa, come una riduzione del superiore all’inferiore. I discepoli superficiali ridussero il marxismo a un povero scientismo, riducendo la filosofia a un’estrapolazione dei risultati della scienza, al punto, per esempio, di intendere per storia “scientifica” una storia dove l’avvenire è già scritto.

Questo è snaturare lo spirito stesso del marxismo che è essenzialmente una metodologia dell’iniziativa storica.

C. Panciarola, Filosofia e politica nel pensiero francese del dopoguerra, Loescher, Torino, 1979, pagg. 199-200