La
filosofia non “scolastica” dell'umanesimo ebbe la caratteristica specifica di
spostare l'attenzione e la riflessione dalla teologia al “mondo dell'uomo”,
alla “città”; si tratta di una filosofia che usa strumenti come l'arte, la
poesia, la retorica. In polemica con coloro che insistono sulla tesi della
continuità, Garin sostiene che i tanti aspetti di continuità fra le due epoche
non possono eliminare quel “nuovo” che è innanzitutto negli spiriti. L'amore
per gli antichi nasce attraverso il loro inserimento in una dimensione storica.
E.
Garin, Medioevo e Rinascimento, Avvertenza, IV
Ripetere,
come è stato fatto, che l'Umanesimo fu fenomeno non “filosofico”, puramente
letterario e retorico; che gli umanisti furono solo maestri d'eloquenza e
grammatici, significa innanzitutto dare per pacifica una visione del filosofare
che è invece in discussione; e significa, a un tempo, non vedere ben chiaro in
quegli studia humanitatis, in quella “retorica”, in quelle “lettere”. E
significa anche dimenticare che quel moto di cultura si affermò innanzi tutto
fuori della “scuola”, fra uomini d'azione, politici, signori, cancellieri di
repubbliche e perfino condottieri, mercanti e perfino artisti e artigiani. E
nella “scuola” entrò attraverso le discipline logiche e morali; attraverso un
nuovo linguaggio e lo stabilimento di nuovi rapporti. La filosofia a cui certi
storici guardano, la “teologia” delle scuole medievali, che fu certo cosa
grandissima, vedeva proprio in quei giorni le sue aule farsi deserte, e sempre
minore l'eco dei suoi insegnamenti. Dopo che per secoli, e furono grandi
secoli, il pensiero umano si era travagliato soprattutto a elaborare una
filosofia dell'esperienza religiosa, e tutto era stato visto sotto quel segno,
ora l'umana ragione volge ogni sforzo verso l'uomo “poeta”, verso la sua
“città”, verso quella natura mondana che sta conquistando.
[...]
È
discutibile che gli scrittori del Quattrocento hanno insistito fino
all'esasperazione sulla loro rivolta contro una situazione di barbarie, per una
rinascita della humanitas. Come è indiscutibile che il senso di una
svolta radicale nel corso della storia non fu mai altrettanto vivo nelle età
precedenti. L'idea che un mondo intero si inabissa si fa avanti da ogni parte,
e da ogni parte esce confermata, mentre una visione del mondo che sembrava
ormai cristallizzata cadeva invece irremissibilmente. L'immagine tradizionale
della Terra veniva infranta dalle scoperte; la concezione dell'Universo era
stata scossa molto prima di Galileo, da quando le premesse “psicologiche” della
tesi tolemaica erano state schiantate da tutta un'annosa critica che si trovava
ormai ad affrontare le conseguenze, certo non trascurabili, di un Universo
infinito, della possibilità di altri mondi abitati, di una posizione della
Terra non piú privilegiata. Né v'è bisogno d'insistere sull'eco che idee e
osservazioni cosiffatte potevano avere sul piano teologico [...]. D'altra
parte, il lavorio critico per ritrovare nel passato medievale i contenuti
specifici delle posizioni rinascimentali piú solennemente consacrate, ha avuto
facili successi: il Medioevo amava i classici non meno del Rinascimento;
Aristotele era sulla bocca di tutti, e forse meglio che nel Quattrocento;
Platone era noto anch'esso, e non solo indirettamente. I poeti, gli storici,
gli oratori si conoscevano e si apprezzavano. [...]
Escluso
cosí, in base alla permanenza di contenuti e problemi, un Rinascimento come
posizione originale sul terreno del pensiero, si è ricondotto il fenomeno
umanistico al settore degli studia humanitatis, ma intesi in senso
ristretto, come studi grammaticali, che avrebbero assunto nel secolo XIV una
maggiore importanza. Ma anche qui, si badi, non novità radicali, ma, al piú, un
posto piú dignitoso assegnato alle arti sermocinali: la risoluzione, si direbbe
quasi, di una controversia accademica, conclusa a favore dei grammatici. I
quali, continuando del resto un antico lavoro mai intermesso, avrebbero
tradotto meglio e piú largamente (ed anche questo è messo in forse da alcuni);
avrebbero diffuso una piú solida conoscenza del latino e del greco, ma
indirettamente, con un moto a sé e pur sempre marginale. Ché di nuovo,
curiosamente, si trascurano i Salutati, i Bruni, i Poggio, i grandi esponenti
della piú alta cultura di una grande epoca, cittadini, magistrati, pensatori,
per ritrovare troppo facilmente la continuità dei moduli di scuola in
compilatori di secondo piano. E la filologia del Valla, vista in tale
prospettiva, da suggello di un'epoca ribelle si trasforma in un episodio
sfocato. [...]
L'orgoglioso
mito della rinascita, della luce che fuga le tenebre, dell'antico che ritorna,
nella sua forza polemica sottolinea un animo nuovo, una forma nuova, uno
sguardo nuovo rivolto alle cose; sottolinea, soprattutto, la coscienza desta di
questo nuovo nascimento dell'uomo a se stesso. Proprio l'antico, quel mondo
classico a cui si guarda con occhi nostalgici, è in tutt'altro modo che viene
ormai considerato e amato. Chi può negare che il Medioevo abbia anch'esso
conosciuto e vagheggiato il mondo pagano, allorquando gli antichi d”i
popolavano ancora tentatori i sogni degli anacoreti, e a volte tornavano nei
luoghi usati a invocare dal popolo sacrifici solenni? Tutti abbiamo letto delle
bizze di Gunzone e dei sogni di Vilgardo da Ravenna, popolati di scene
classiche fino al punto da indurre al rifiuto delle divinità cristiane e al
ritorno ai riti pagani. Come tutti abbiamo letto versi di un profondo amore per
Roma antica; e ben ricordiamo che Dante ha inserito l'antico poeta [Virgilio]
nell'economia della storia cristiana, e v'ha reintrodotto anche gli antichi dèi
fatti demoni nelle spelonche infernali.
Sennonché
l'Umanesimo, che ama tanto Cicerone e Virgilio, non crede piú a Virgilio
profeta, o vi crede in tutt'altro modo [...]. E il suo appassionamento per
l'antico non è piú barbara confusione di sé con l'antico, ma critico distacco
da quell'antico, e suo collocamento nella dimensione della storia e nel tempio
augusto del passato. La favola del Rinascimento pagano, giustificabile in sede
polemica, e spiegabile presso qualche scrittore decadente, ma che solo storici
di poco senno potevan far propria, cade nell'atto stesso in cui ci affacciamo a
studiare la profonda serietà della filologia dell'Umanesimo, che, come già
tanto acutamente vide il Gentile, è il lato essenziale di quella cultura: una
filologia, si badi, tanto ricca e complessa da accogliere in sé ogni posizione
critica dell'uomo, e non già pseudo-filosofia di non filosofi in lotta contro
la filosofia, ma l'unica seria, vera, nuova filosofia. La quale, proprio perché
restaurazione dell'antico e scoperta dell'antico, fu posizione dell'antico come
altro da noi, amorosamente ricostruito, ma proprio per questo non piú confuso
con noi: definizione di quello e di noi, scoperta dell'oggetto e del verace
rapporto di noi con esso, con quel mondo storico che l'uomo pone ed a cui si
oppone, e in rapporto al quale si viene scoprendo e formando. Proprio qui si
opera quel consapevole distacco di cui tanto erano orgogliosi gli umanisti: il
distacco del critico, che alla scuola dei classici non va per confondersi con
essi, ma per definirsi in rapporto con essi. Per cui tra coloro che gli antichi
avevano amato, ma confondendoli in sé in un sorta di amorosa violenza, ma pur
violenza, e quei restauratori dell'antico accurati fino alla pedanteria, v'è di
mezzo davvero un abisso. [...] Il mito rinascimentale dell'antico, proprio
nell'atto in cui lo definisce nei suoi caratteri, segna la morte dell'antico.
[...]
L'Umanesimo,
da Petrarca in poi, si spostò su un piano diverso, e cercò, come è proprio di
tutti i rinnovamenti fecondi, la soluzione a una via senza uscita per una via
nuova: sul terreno della poesia e della filologia, della vita morale e
politica, e poi su quello, a volte apparentemente nemico, eppure intimamente
affine, delle arti che volevano empiamente cambiare e sovvertire il mondo.
Attraverso la filologia e la poesia vichianamente intese, attraverso il sapere
scientifico, era nata la nuova filosofia.
(E.
Garin, Medioevo e Rinascimento, Laterza, Bari, 1961, pagg. 7-10;
101-107)