Garin, L'uomo non è misura di tutte le cose

L'idea di una natura animata è alla base della magia rinascimentale e aveva caratterizzato anche le origini della filosofia greca (i fisici ionici parlavano di ilozoismo, “natura vivente e animata”). Bernardino Telesio utilizza questa visione della natura per sottolineare la sostanziale omogeneità fra l'uomo e tutti gli altri elementi naturali e trasferisce l'anima, la sensibilità, e dunque la conoscenza, a tutta la natura: da qui scaturisce l'invito a ridimensionare le capacità (di comprendere e di agire) che i filosofi del Rinascimento (ma anche molti dell'antichità) attribuivano soltanto all'uomo.

 

E. Garin, L'umanesimo italiano, VIII, 5

 

Ai contemporanei, e a quanti l'hanno preceduto, Telesio rimprovera soprattutto di aver costruito arbitrari sistemi, miscuglio strani d'esperienza e ragione, non rispettando né ascoltando la natura, ma barbaramente facendole violenza. “Troppo fiduciosi in se stessi, senza osservare come conveniva le cose in sé e le loro forze, senza riconoscere nelle cose la grandezza, intelligenza e capacità, che ad esse erano state date, ma gareggiando in sapienza con Dio nel ricercare con la ragione i princípi e le cause del mondo, credendo di dover inventare quello che non riuscivano a trovare, hanno immaginato il mondo a loro arbitrio”. E l'hanno veramente ricreato, se anche in modo del tutto fittizio, a propria immagine e somiglianza, “emulatori non solamente della sapienza, ma della potenza ancora di esso Dio”.

Telesio sdegna tali metodi, e si propone una sapienza non divina ma umana, semplice fino all'umiltà. Il sottinteso polemico contro il concetto di un uomo che fa sé misura dell'Universo si svela nell'insistenza con cui batte sul fatto che la sua opera non reca in sé nulla di mirabile. Misura del nostro sapere, come del nostro operare, è la natura quale si svela al senso, che è, anch'esso, natura. “Noi abbiamo seguito il senso e la natura: la natura che, perennemente concorde con se stessa, opera e compie sempre le medesime cose nel medesimo modo”. Ove ciò che piú interessa è questa fede, ingenua insieme e dogmatica, nella uniformità e costanza della natura, sempre uguale a sé, fissa, dominata da norme inderogabili. Natura uniforme, che si rivela pienamente nel senso, che è, anzi, essa stessa senso per l'universale sensibilità (“tutti gli enti hanno un senso”).

[...] Tutta la realtà, in ogni suo aspetto e momento, è dotata di sensibilità, e, germinando dal senso ogni cognizione, di una qualche aurorale forma di conoscenza.

 

(E. Garin, L'umanesimo italiano, Laterza, Bari, 1964, pagg. 220-221)