V. (...) Se si dice che è nell’intelletto ciò che non può essere pensato sul modello di nessuna cosa reale, non nego che questo ente sia nel mio intelletto. Ma poiché da questo essere nell’intelletto non si può affatto dimostrare che esista anche nella realtà, non gli concedo l’esistenza reale, fin che non mi sia dimostrata con un argomento inconfutabile. E se uno mi dice che, altrimenti, l’ente più grande di tutti non sarebbe il più grande di tutti, costui non bada a chi parla. Infatti io non ammetto ancora, anzi nego o dubito che quell’ente sia più grande di alcuna cosa vera, né gli concedo altro essere se non quello, se pur si può dire “essere”, che ha la rappresentazione di uno che tenta di immaginarsi una realtà affatto ignota in base alla sola audizione delle parole. Come dunque si potrebbe dimostrarmi che quell’ente più grande di tutti esiste in realtà, perché è il più grande di tutti, quando io finora nego o dubito ancora che esista neppure nel mio pensiero, almeno a quel modo in cui sono nel mio pensiero tante cose dubbie e incerte? Infatti, prima dovrei sapere che quell’ente è realmente da qualche parte, e poi finalmente, dal fatto che è il più grande di tutti, sarei certo che egli esiste anche in se stesso.
VI. per esempio dicono alcuni che vi è in qualche parte dell’oceano un’isola che chiamano isola perduta, per la difficoltà, o piuttosto l’impossibilità di trovare ciò che non esiste, e raccontano che è piena di una inestimabile abbondanza di ricchezze e delizie, molto di più di quel che si dice nelle isole fortunate, e, pur non avendo nessun possessore o abitatore, supera tutte le altre terre abitate per abbondanza di beni. Se uno mi dice questo, io capisco facilmente le sue parole, nelle quali non c’è nessuna difficoltà. Ma se poi come conseguenza aggiunga: non puoi dubitare che quell’isola migliore di tutte le altre terre, che sei sicuro di avere in mente, esista veramente in realtà; e, poiché è meglio esistere nella realtà che esistere solo nell’intelletto, è necessario che quest’isola esista, poiché, se non esistesse, qualsiasi altra terra esistente sarebbe migliore di lei, e quell’isola già pensata da te come la migliore non sarebbe più tale. Se, dico, costui con queste parole volesse dimostrarmi che non si può dubitare dell’esistenza di quest’isola, o crederei che colui che mi parla scherzi, o non so se dovrei reputare più sciocco me che gli credo o lui che crede di avermi dimostrato l’esistenza di quell’isola, a meno che egli non mi faccia vedere che l’eccellenza di quell’isola è una cosa reale e non è come le cose false ed incerte che possono essere nel mio intelletto.
(Gaunilone, In difesa dello stolto, V-VI, trad. di Sofia Vanni Rovighi).