Gioberti, La formola ideale

Gioberti espone in questa dottrina le caratteristiche della “formola ideale” da lui scoperta, che “esprime l’Idea mediante un giudizio” e si oppone frontalmente alla filosofia moderna di derivazione cartesiana (allo psicologismo).

 

V. Gioberti, Introduzione allo studio della filosofia, tomo II, cap. IV

 

Chiamo formola reale una proposizione, che esprime l’Idea in modo chiaro, semplice e preciso mediante un giudizio. Siccome l’uomo non può pensare senza giudicare, non gli è dato di pensar l’Idea senza fare un giudizio, la cui significazione è la formola ideale. La quale dee constare di due termini congiunti insieme da un terzo, conforme alla natura di ogni giudizio; e non dee peccare per difetto, né per eccesso.

[...]

Entrando in questa materia, non mi è possibile di procedere incontanente con quel rigore di metodo, che si addice alla ontologia, cioè con una sintesi schietta e severa, come quella che non sarebbe opportuna in un’opera di semplice apparecchio, qual si è la presente. Siccome la dottrina, che espongo, benché nelle sue radici antica quanto il vero, è affatto aliena dagli ordini recenti delle scienze speculative, ho creduto di doverle spianar la via con una cotal maniera di esposizione, che mi permettesse di porre in ragguaglio i punti principali del processo da me usato con quello che oggi è in voga, ravvicinando il mio sistema, per quanto è possibile, alla filosofia regnante: la quale è per natura psicologica, e considera l’ontologia, come una pretta dipendenza della scienza sperimentale dallo spirito umano. Io credo tutto il contrario, e tengo per fermo, anzi spero di poterlo mostrare a suo luogo con una evidenza che non lascerà nulla da desiderare, che l’ontologia è affatto indipendente dalla psicologia volgare, e che questa dipende al tutto da quella. Tuttavia, essendo verissimo che la psicologia dee corrispondere alla ontologia, e intrecciarsi con essa, come i fatti colle idee si collegano, l’una può servire a confermare i dettati dell’altra, e conseguentemente giovare all’intento di un lavoro preliminare, qual si è quello che ora dò alla luce.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, l97l, vol. XX, pag. 246