In questa
lettura Goldmann, dopo aver precisato che la filosofia ha per oggetto l’uomo
nel senso piú ampio del termine, ritiene una necessità metodologica inserire
l’opera ed il pensiero di un autore all’interno del contesto sociale e
classista in cui egli si è mosso, spesso senza rendersene pienamente conto.
L. Goldmann, Il dio Nascosto [Le dieu
caché]
L’oggetto principale di ogni concezione filosofica è l’uomo, la sua coscienza e il suo comportamento. Al limite, ogni filosofia è una antropologia. Non possiamo, ben inteso, esporre nel suo insieme, in un’opera consacrata allo studio di un gruppo di fatti parziali, la nostra posizione filosofica; tuttavia, siccome i fatti che studiamo sono opere filosofiche e letterarie, ci sia permesso esprimere qualche parola sulla nostra concezione della coscienza in generale e della creazione letteraria e filosofica in particolare.
Partendo dal principio fondamentale del pensiero dialettico, che la conoscenza dei fatti empirici resta astratta e superficiale fino a che non si sia concretizzata attraverso la sua integrazione nell’insieme che sola permette di superare il fenomeno parziale e astratto per arrivarne all’essenza concreta, e implicitamente al significato, non crediamo che il pensiero e l’opera di un autore possano essere compresi di per se stessi, restando sul piano degli scritti e sia pure su quello delle letture fatte e delle influenze subíte. Il pensiero non è che un aspetto parziale di una realtà meno astratta: l’uomo vivo e completo; e questi a sua volta non è che un elemento di un insieme che è il gruppo sociale. Un’idea, un’opera possono essere afferrati realmente solo se integrati nel complesso di una vita e di un comportamento. Ancora, succede spesso che il comportamento che permette la comprensione dell’opera non sia quello dell’autore, ma quello di un gruppo sociale (al quale l’autore può non appartenere) e, quando si tratti di opere importanti, quello di una classe sociale.
L. Goldmann, Pascal e Racine, Lerici,
Milano, 1961, pagg. 23-24