Secondo
Goldmann vi sono due metodi che possono avere pretese scientifiche: quello
positivista e quello dialettico. Il secondo è superiore perché pone la parte in
rapporto con il tutto.
L. Goldmann, Il dio Nascosto [Le dieu
caché]
Precisiamo: lo storico della filosofia o della letteratura si trova in partenza di fronte ad un gruppo di fatti empirici: i testi che si è proposto di studiare. Egli può affrontarli sia servendosi dei metodi puramente filologici che noi chiameremo positivisti, sia servendosi di metodi intuitivi ed affettivi fondati sull’affinità, la simpatia, sia infine servendosi di metodi dialettici. Eliminando per il momento il secondo gruppo, che, almeno a nostro parere, non ha carattere propriamente scientifico, constatiamo che un solo criterio può distinguere i sostenitori dei metodi dialettici da quelli dei metodi positivisti: la possibilità di comprendere il complesso dei testi nel loro significato piú o meno coerente, dato che i testi in esame sono, per gli uni e per gli altri, il punto di partenza ed il punto d’arrivo del loro lavoro scientifico.
A separare nettamente il metodo dialettico dagli abituali metodi di cui si serve la storia erudita – metodi che per lo piú non tengono sufficientemente conto dei dati evidenti della psicologia e della conoscenza dei fatti sociali – interviene il concetto del rapporto fra il tutto e le parti. [...]
Il metodo dialettico addita una via diversa. Le difficoltà suscitate dall’inserzione dell’opera nella biografia del suo autore, invece di incitarci a ritornare ai metodi filologici e a limitarci al testo immediato, devono spingerci a proseguire nella prima direzione, passando non solo dal testo all’individuo ma ancora da questo ai gruppi sociali di cui fa parte. Alla riflessione infatti, le difficoltà dello studio filologico e quelle dello studio biografico appaiono della medesima natura e dipendenti tutte dallo stesso fondamento epistemologico. La molteplicità e la varietà dei fatti individuali è inesauribile, e il loro studio scientifico e positivo deve perciò presupporre la separazione degli elementi essenziali ed accidentali che sono intimamente legati nella realtà immediata che appare alla nostra intuizione sensibile. Senza affrontare in questa sede una discussione sul fondamento epistemologico delle scienze fisiche e chimiche, la cui situazione ci sembra diversa, riteniamo che nelle scienze umane la separazione tra essenziale e accidentale possa farsi solo in base all’integrazione degli elementi nell’insieme, delle parti nel tutto. Per questa ragione, benché non si possa mai arrivare ad una totalità che non sia essa stessa elemento o parte, il problema del metodo nelle scienze umane è quello della partizione del dato empirico in totalità relative sufficientemente autonome per servire da quadro ad un lavoro scientifico.
Se tuttavia, per le ragioni che abbiamo or ora enunciate, né l’opera né l’individuo sono totalità sufficientemente autonome per servire da quadro ad un lavoro scientifico e interpretativo dei fatti intellettuali e letterari, ci resta da scoprire se il gruppo, visto soprattutto in base alla prospettiva della sua strutturazione in classi sociali, non possa costituire una realtà che ci permetta di superare le difficoltà frappostesi sul piano del testo isolato o collegato unicamente alla biografia.
L. Goldmann, Pascal e Racine, Lerici,
Milano, 1961, pagg. 25 e 30-31