Secondo
Goldmann un altro elemento indispensabile per sperare di poter conseguire una
dimensione scientifica nello studio di un filosofo è “la nozione di visione del
mondo”. Essa non è una tematica di tipo metafisico, ma si deve collegare al
concetto di “coscienza collettiva”, utilizzata spesso dai sociologi.
L. Goldmann, Il dio Nascosto [Le dieu
caché]
La storia della letteratura e della filosofia non potrà perciò divenire scientifica che il giorno in cui sarà stato forgiato uno strumento obiettivo e controllabile che permetta di separare in un’opera l’accidentale dall’essenziale; la validità e l’impiego di tale strumento potranno d’altra parte essere controllati dal fatto che esso non dovrà mai eliminare come non essenziali opere esteticamente riuscite. A nostro parere questo strumento non può essere che la nozione di visione del mondo.
Il concetto in sé non è neppure di origine dialettica. [...]
Che significa una visione del mondo? L’abbiamo già scritto altrove: non si tratta d’un dato empirico immediato, ma al contrario d’uno strumento concettuale di lavoro indispensabile per comprendere le espressioni immediate del pensiero degli individui. La sua importanza e la sua realtà si manifestano anche sul piano empirico appena si oltrepassa il pensiero e l’opera di un solo scrittore. [...]
Non bisogna tuttavia vedere nella visione del mondo una realtà metafisica o d’ordine puramente speculativo. Al contrario essa costituisce il principale aspetto concreto del fenomeno che i sociologi tentano di descrivere da decine di anni sotto il nome di coscienza collettiva, e la sua analisi ci permetterà di precisare la nozione di coerenza di cui ci siamo già serviti. [...]
Una visione del mondo è precisamente questo insieme di aspirazioni, di sentimenti e di idee che riunisce i membri di un gruppo (piú spesso di una classe sociale) e li contrappone ad altri gruppi.
L. Goldmann, Pascal e Racine, Lerici,
Milano, 1961, pagg. 33-37