Se c’è discrepanza fra i calcoli matematici e
l’osservazione diretta, la scelta di Tolomeo è quella di privilegiare la
matematica; il pregiudizio parmenideo sul carattere illusorio delle
sensazioni impone anche alla scienza di anteporre a tutto la razionalità: la
realtà non può discostarsi dalle strutture logiche che il pensiero le
attribuisce.
Nel sistema tolemaico un pianeta si muove uniformemente su un cerchio (epiciclo),
il cui centro si muove a sua volta uniformemente su un altro cerchio (deferente).
In tal modo è possibile rappresentare mediante due moti circolari uniformi il
moto apparente dei pianeti sulla sfera celeste, che non avviene sempre nello
stesso senso, ma ogni tanto sembra invertirsi per ritornare poi nella direzione
iniziale; l’ampiezza della parte retrograda dipende naturalmente dal rapporto
tra le dimensioni dei due cerchi.
Le cose però non sono cosí semplici e per far coincidere ad ogni istante
la posizione del pianeta cosí calcolata con quella osservata, si trovò
necessario supporre che il centro del deferente non coincidesse con la
Terra, ma con un altro punto (eccentrico); nel caso di Marte, poi (ed
anche di qualche altro pianeta), si dovette supporre che il moto lungo l’epiciclo
fosse uniforme quando è visto non dal centro mobile sul deferente, ma da un
altro punto (equante), che non coincide né con la Terra né con l’eccentrico!
Con ciò il sistema perdeva molto della sua semplicità primitiva. Piú
grave ancora è il fatto che le posizioni calcolate da Tolomeo sono alquanto
differenti da quelle che si possono oggi calcolare con grandissima precisione
per le stesse epoche e le osservazioni avrebbero dovuto rivelare già allora
queste differenze. Siccome Tolomeo non menziona questa discrepanza, qualche
studioso moderno si è espresso molto severamente nei riguardi del grande
astronomo alessandrino. In realtà è probabile che Tolomeo abbia pensato che i
suoi calcoli fossero piú esatti delle sue osservazioni, che a quei tempi erano
molto grossolane.
Comunque tutta la teoria era fortemente arbitraria, come si direbbe oggi,
e diede luogo a molte critiche, anche prima di Copernico. Una parte di questa
arbitrarietà riguarda le dimensioni relative dei vari deferenti. Queste
venivano fissate in base alla teoria delle sfere cristalline [...]; gli
epicicli e i deferenti sono materializzati seguendo un’idea aristotelica per
mezzo di sfere di un materiale rigido e trasparente sulla superficie delle
quali sono incastrati i corpi dei pianeti. Le sfere sono impacchettate una
nell’altra in modo da sfiorarsi senza mai toccarsi.
Quale causa fisica mantenesse le sfere al loro posto e quale fosse il
meccanismo fisico che legava tra loro le posizioni dei pianeti, dei cerchi e
degli equanti è naturalmente del tutto incomprensibile; ma questi problemi non
si ponevano allora, né divennero importanti se non molti secoli dopo.
Epiciclo e deferente. Per descrivere il moto dei pianeti
sulla sfera celeste, che di quando in quando sembrano invertire la loro marcia
normale, gli antichi immaginarono che il pianeta si muovesse sopra un cerchio (epiciclo),
il cui centro si muove a sua volta su un altro cerchio (deferente).
(L. Gratton, Cosmologia,
Zanichelli, Bologna, 1987, pagg. 75-77)