La storia
del progresso è legata alla storia della libertà, almeno per l’Occidente. Per
la Russia invece essa coincide con coloro che l’hanno asservita, da Pietro il
Grande a Lenin.
V. Grossman, Vsiò teciot [Tutto
scorre ...1970]
A uno sguardo superficiale si aveva una sensazione di crescente progresso, di un avvicinamento all’Occidente.
Ma quanto piú la vita russa andava somigliando in superficie alla vita dell’Occidente, quanto piú il fragore delle sue fabbriche, quanto piú lo sbatacchiare delle ruote dei suoi tarantas e dei suoi treni, lo schioccare delle vele delle sue navi, le scintillanti luci alle finestre dei suoi palazzi richiamavano alla mente la vita occidentale, tanto piú si scavava un baratro segreto fra la piú nascosta essenza della vita russa e la vita dell’Europa.
Quell’abisso consisteva nel fatto che lo sviluppo dell’Occidente era fecondato dalla crescita della libertà, mentre lo sviluppo della Russia era fecondato dalla crescita della schiavitú.
La storia dell’umanità è la storia della sua libertà. La crescita della potenza dell’uomo si esprime innanzi tutto nella crescita della libertà. La libertà non è necessità diventata coscienza, come pensava Engels. La libertà è diametralmente opposta alla necessità, la libertà è la necessità superata. Il progresso è essenzialmente progresso della libertà umana. Giacché la vita stessa è libertà, l’evoluzione della vita è evoluzione della libertà.
Lo sviluppo russo ha mostrato una sua strana essenza: si trasforma in sviluppo della non-libertà. Di anno in anno sempre piú brutale è diventato il servaggio del contadino, sempre piú è andato assottigliandosi il suo diritto alla terra; nel frattempo la scienza russa, la tecnica, l’istruzione erano in continua crescita, pari alla crescita della schiavitú russa.
La nascita dell’ordinamento statale russo fu solennizzata dall’asservimento definitivo dei contadini: venne abolita l’ultima giornata di libertà del contadino – il giorno di Jurij1.
Sempre piú andò diminuendo il numero degli uomini “franchi”, “erranti”, sempre piú andò aumentando quello dei servi, mentre la Russia cominciava a incamminarsi sull’ampia strada della storia europea. Il contadino asservito alla terra divenne asservito al proprietario della terra, poi al funzionario che rappresentava lo Stato e l’esercito: e il proprietario acquistò il diritto di sottoporre a giudizio i servi della gleba, e poi anche il diritto di sottometterli alla tortura moscovita (cosí la chiamavano quattro secoli addietro): appenderli cioè con le mani legate dietro la schiena e frustarli con lo knut. Intanto s’accresceva la metallurgia russa, si ampliavano i depositi di granaglie, lo Stato e l’esercito si rafforzavano, s’infiammava l’aurora della gloria militare russa, l’alfabetismo si diffondeva.
La possente attività di Pietro, il fondatore del progresso scientifico e industriale della Russia, era legata ad un altrettanto possente sviluppo del servaggio. Pietro equiparò i servi della gleba, radicati alla terra, alla servitú domestica e ridusse a servi i contadini non censiti. Egli sottomise al servaggio i contadini liberi del Nord, e al Sud i “proprietari di un solo focolare”2. Oltre alla servitú dei possidenti, all’epoca di Pietro fiorí la servitú della corona, la quale fu di aiuto all’istruzione e al progresso, intrapresi da Pietro I. Sembrò a Pietro di avvicinare la Russia all’Occidente, e in effetti cosí fu, ma il baratro, l’abisso tra la libertà e la non-libertà andò sempre piú aumentando.
Si giunse cosí allo splendido secolo di Caterina, il secolo del mirabile fiorire delle arti russe e dell’illuminismo russo, il secolo in cui il servaggio raggiunse il suo maggiore sviluppo.
Vennero in tal modo incatenati l’uno all’altro, con una catena millenaria, progresso russo e schiavitú russa. Ogni spinta verso la luce faceva piú profonda la nera fossa della schiavitú.
Il secolo diciannovesimo è un secolo particolare nell’esistenza della Russia.
In questo secolo vacillò il principio basilare della vita russa: il rapporto tra progresso e servaggio.
I pensatori rivoluzionari russi non afferrarono il significato dell’emancipazione dei contadini, avvenuto nel diciannovesimo secolo. Come doveva dimostrare il secolo successivo, tale evento era piú rivoluzionario di quello della Grande Rivoluzione di Ottobre. Quell’evento fece vacillare le fondamenta millenarie della Russia, fondamenta che né Pietro, né Lenin riuscirono a toccare: la dipendenza dello sviluppo russo dalla schiavitú russa.
Dopo la liberazione dei contadini i leader della rivoluzione – l’intelligencija, gli studenti – si batterono furiosamente, con una forza terribile, con abnegazione, per quella dignità umana ignota alla Russia, per il progresso senza schiavitú. Era questa una legge nuova, affatto estranea al passato russo. Come sarebbe diventata la Russia, quale carattere avrebbe assunto, qualora avesse rifiutato il millenario rapporto esistente fra il suo sviluppo e la schiavitú? Nessuno lo sapeva.
Nel febbraio 1917 si aprí dinanzi alla Russia la strada della libertà. La Russia scelse Lenin.
1. Alla fine del Cinquecento i contadini furono privati del diritto – il 26 di novembre, giorno anniversario di san Giorgio (Jurij) – di cambiare padrone.
2. I soldati semplici (che provenivano dalla servitú della gleba), terminato il lungo periodo – venticinque anni – del servizio di leva, venivano compensati con l’attribuzione di un focolare e la possibilità di avere essi stessi dei servi.
V. Grossman, Tutto scorre ..., Adelphi,
Milano, 1987, pagg. 196-199