SIMP. Io credo, e in parte so, che non mancano al mondo de' cervelli molto stravaganti, le vanità de' quali non dovrebbero ridondare in pregiudizio d'Aristotile, del quale mi par che voi parliate talvolta con troppo poco rispetto; e la sola antichità, e 'l gran nome che si è acquistato nelle menti di tanti uomini segnalati, dovrebbe bastar a renderlo riguardevole appresso di tutti i letterati.
SALV. Il fatto non cammina cosí, signor Simplicio: sono alcuni suoi seguaci troppo pusillanimi, che danno occasione, o, per dir meglio, che darebbero occasione, di stimarlo meno, quando noi volessimo applaudere alle loro leggereze. E voi, ditemi in grazia, sete cosí semplice che non intendiate che quando Aristotile fusse stato presente a sentir il dottor che lo voleva far autor del telescopio, si sarebbe molto piú alterato contro di lui che contro quelli che del dottore e delle sue interpretazioni si ridevano? Avete voi forse dubbio che quando Aristotile vedesse le novità scoperte in cielo, e' non fusse per mutar opinione e per emendar i suoi libri e per accostarsi alle piú sensate dottrine, discacciando da sé quei cosí poveretti di cervello che troppo pusillanimamente s'inducono a voler sostenere ogni suo detto, senza intendere che quando Aristotile fusse tale quale essi se lo figurano, sarebbe un cervello indocile, una mente ostinata, un animo pieno di barbarie, un voler tirannico, che, reputando tutti gli altri come pecore stolide, volesse che i suoi decreti fussero anteposti a i sensi, alle esperienze, alla natura istessa? Sono i suoi seguaci che hanno data l'autorità ad Aristotile, e non esso che se la sia usurpata o presa; e perché è piú facile il coprirsi sotto lo scudo d'un altro che 'l comparire a faccia aperta, temono né si ardiscono d'allontanarsi un sol passo, e piú tosto che mettere qualche alterazione nel cielo di Aristotile, vogliono impertinentemente negar quelle che veggono nel cielo della natura.
SAGR. Questi tali mi fanno sovvenire di quello scultore, che avendo ridotto un gran pezzo di marmo all'immagine non so se d'un Ercole o di un Giove fulminante, e datogli con mirabile artifizio tanta vivacità e fierezza che moveva spavento a chiunque lo rimirava, esso ancora cominciò ad averne paura, se ben tutto lo spirito e la movenza era opera delle sue mani; e 'l terrore era tale, che piú non si sarebbe ardito di affrontarlo con le subbie e 'l mazzuolo.
SALV. Io mi son piú volte maravigliato come possa esser che questi puntuali mantenitori d'ogni detto d'Aristotile non si accorgano di quanto gran progiudizio e' sieno alla reputazione ed al credito di quello, e quanto, nel volergli accrescere autorità, gliene detraggano; perché, mentre io gli veggo ostinati in voler sostener proposizioni le quali io tocchi con mano esser manifestamente false, ed in volermi persuadere che cosí far convenga al vero filosofo e che cosí farebbe Aristotile medesimo, molto si diminuisce in me l'opinione che egli abbia rettamente filosofato intorno ad altre conclusioni a me piú recondite: ché quando io gli vedessi cedere e mutare opinione per le verità manifeste, io crederei che in quelle dove e' persistessero, potessero avere salde dimostrazioni, da me non intese o sentite.
SAGR. O vero, quando gli paresse di metter troppo della lor reputazione e di quella d'Aristotile nel confessar di non aver saputa questa o quella conclusione ritrovata da un altro, non sarebb'ei manco male il ritrovarla tra i suoi testi con l'accozzarne diversi, conforme alla prattica significataci dal signor Simplicio? perché se vi è ogni scibile, è ben anco forza che vi si possa ritrovare.
[…]
SIMP. Ma quando si lasci Aristotile, chi ne ha da essere scorta nella filosofia? Nominate voi qualche autore.
SALV. Ci è bisogno di scorta ne i paesi incogniti e selvaggi, ma ne i luoghi aperti e piani i ciechi solamente hanno bisogno di guida; e chi è tale, è ben che si resti in casa, ma chi ha gli occhi nella fronte e nella mente, di quelli si ha da servire per iscorta. Né perciò dico io che non si deva ascoltare Aristotile, anzi laudo il vederlo e diligentemente studiarlo, e solo biasimo il darsegli in preda in maniera che alla cieca si sottoscriva a ogni suo detto e, senza cercarne altra ragione, si debba avere per decreto inviolabile; il che è un abuso che si tira dietro un altro disordine estremo, ed è che altri non si applica piú a cercar d'intender la forza delle sue dimostrazioni. E qual cosa è piú vergognosa che 'l sentir nelle publiche dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili uscir un di traverso con un testo, e bene spesso scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca all'avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo modo di studiare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi o istorici o dottori di memoria; ché non conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l'onorato titolo di filosofo. Ma è ben ritornare a riva, per non entrare in un pelago infinito, del quale in tutt'oggi non si uscirebbe. Però, signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta.
(G. Galilei, “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, giornata seconda)